SOMMARIO: a) Atti osceni; b) Autorimessa sotterranea; c) Box; d) Cancelli; e) Controversie; f) Destinazione di un locale a garage; g) Difficoltà di manovra; h) Diritto di parcheggio nell’autorimessa comune; i) Furto; j) In area comune alberata; k) Parcheggio a pagamento; l) Sosta su spazio destinato al libero accesso al pubblico; m) Strisce di vernice; n) Superficie convenzionale; o) Tetto a copertura delle autorimesse; p) Trasformazione dell’area di parcheggio; q) Uso del cortile; r) Uso del parcheggio; s) Vincolo di destinazione; t) Violenza privata.
a) Atti osceni
Gli atti osceni messi in atto in una autorimessa condominiale si intendono commessi in luogo aperto al pubblico anche se l’accesso è consentito ad una determinata categoria di terze persone.
* Cass. pen., sez. IV, 10 ottobre 1989.
b) Autorimessa sotterranea
A norma dell’art. 9, comma 3, della L. 24 marzo 1989, n. 122, i condomini possono deliberare – con la maggioranza di cui all’art. 1136, secondo comma, c.c. – la realizzazione di parcheggi pertinenziali nel sottosuolo di edifici condominiali, anche in numero inferiore a quello della totalità dei componenti, essendo i dissenzienti tenuti a rispettare la sottrazione dell’uso dell’area comune a seguito della destinazione a parcheggio. Tuttavia, poiché il citato art. 9, comma 3, fa salvo il contenuto degli artt. 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, c.c., detta sottrazione è consentita solo se è assicurata anche ai condomini dissenzienti la possibilità di realizzare, in futuro, nella zona comune rimasta libera, un analogo parcheggio pertinenziale della propria unità immobiliare di proprietà esclusiva, in modo da garantire a tutti il godimento del sottosuolo secondo la sua normale destinazione.
* Cass. civ., sez. II, 18 settembre 2009, n. 20254 , Lanza ed altri c. Cond. Via Kant, Milano ed altri.
In tema di condominio di edifici, costituisce innovazione vietata ai sensi del secondo comma dell’art. 1120 cod. civ. (e, pertanto, deve essere approvata dalla unanimità dei condomini), la costruzione di autorimesse nel sottosuolo del cortile comune, in quanto comporta il mutamento di destinazione del sottosuolo da sostegno delle aree transitabili e delle aree verdi a spazio utilizzato per il ricovero di automezzi (con conseguente modifica di destinazione anche dell’area scoperta soprastante a copertura di locali sotterranei) e determina una situazione di permanente esclusione di ogni altro condomino dall’uso e dal godimento di ciascuna autorimessa sotterranea, assegnata ai singoli condomini, ancorché rimasta di proprietà comune.
* Cass. civ., sez. II, 14 dicembre 1988, n. 6817, Cond. Collignon c. Cavallini.
Il locale autorimessa, anche se situato entro il perimetro dell’edificio condominiale (nella specie, nel seminterrato), non può ritenersi incluso tra le «parti comuni dell’edificio» indicate dall’art. 1117 c.c., neppure sotto l’aspetto di «parte dell’edificio necessaria all’uso comune», così che, da un canto, il condominio non può giovarsi della relativa presunzione al fine di pretendere il contributo di ogni condomino alle relative spese di manutenzione e dall’altro, sul condomino che adduca di non essere tenuto a tale contributo (per non essere comproprietario del locale) non incombe l’onere della relativa prova negativa. Al fine di accertare la esistenza, o meno, dell’obbligo del singolo condomino di sostenere, in misura proporzionale, le spese di manutenzione del detto locale occorre, pertanto, la prova positiva dell’appartenenza di esso in proprietà comune, determinante essendo, al fine anzidetto, l’esame dei titoli di acquisto dei singoli comproprietari dell’immobile.
* Cass. civ., sez. II, 22 ottobre 1997, n. 10371, Condominio La Torre in Chiaravalle c. Chiappa, in Arch. loc. e cond. 1998, 47.
La modifica delle modalità d’esercizio del possesso da parte di uno dei comproprietari di un bene immobile integra una turbativa dei condomini dissenzienti ai fini dell’azione di manutenzione, senza che possa utilmente opporsi l’eccezione feci sed iure feci quando la modifica operata sia in contrasto con l’esercizio attuale e limiti i poteri corrispondenti ai diritti spettanti sulla cosa comune. Pertanto, allorquando la cosa comune sia costituita da un piano cantinato destinato ad autorimessa, commette molestia il condomino che ne immuti lo stato di fatto alterando precedenti facoltà di utilizzazione da parte degli altri, quanto a percorrenza, areazione, illuminazione, facilità di manovra (nella specie: chiudendo a muratura lo spazio assegnato per il parcheggio).
* Cass. civ., sez. II, 15 maggio 1998, n. 4909, Abrum Rodica c. Cannata.
c) Box
Il condomino che abbia acquistato in proprietà esclusiva lo spazio destinato al parcheggio di un autoveicolo, ancorché sito nel locale adibito ad autorimessa comune del condominio, ha facoltà a norma dell’art. 841 c.c. di recintarlo anche con la struttura di un cosiddetto «box», sempre che non gliene facciano divieto l’atto di acquisto o il regolamento condominiale avente efficacia contrattuale e non derivi un danno alle parti comuni dell’edificio ovvero una limitazione al godimento delle parti comuni dell’autorimessa.
* Cass. civ., sez. II, 25 maggio 1991, n. 5933.
Negli edifici condominiali il diritto al box non sorge in ogni caso, così come lo spazio per il parcheggio, ai sensi delle leggi n. 765 del 1967 e n. 47 del 1985, perché il rapporto tra l’appartamento e l’accessorio de quo postula che il venditore abbia destinato determinati spazi al ricovero o al parcheggio di vetture nei limiti stabiliti dalla legge come condizione della legittimità della licenza o concessione edilizia per la realizzazione dell’edificio condominiale. L’onere della prova dei cennati presupposti incombe all’acquirente.
* Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 1998, n. 841, Micotti c. Lo Masto.
Il condominio deve provvedere alle riparazioni e al risarcimento dei danni derivanti dall’infiltrazione di acqua piovana o di irrigazione nei boxes, la cui copertura è rappresentata dal fondo del giardino, di cui il condominio è detentore e custode.
* Trib. civ. Milano, sez. VIII, 9 marzo 1989, Aceti e altri c. Condominio di Via Mecenate 103, Milano, in Arch. loc. e cond. 1989, 536.
Posta la natura comune del cortile sovrastante i box e posto il conseguente godimento del medesimo da parte di tutti i condomini, ne consegue la necessità di ripartizione delle relative spese di manutenzione tra tutti i condomini, sia pure con l’adozione di criteri correttivi in riferimento all’ulteriore godimento della cosa comune da parte dei boxisti, non potendo i condomini non proprietari di box pretendere di essere esclusi da tale ripartizione.
* Trib. civ. Milano, sez. VIII, 5 aprile 1993, Caruso c. Cond. di Via Ornato, Milano.
La contravvenzione prevista dall’art. 734 c.p. ha carattere di reato istantaneo con effetti permanenti ed è reato di danno per cui, ai fini della sussistenza dell’illecito penale, non è sufficiente la semplice alterazione dello stato naturale delle cose, ma occorre che tale alterazione abbia effettivamente determinato la distruzione o il deterioramento delle bellezze naturali. Ciò si verifica quando l’agente viene a turbare la sensazione di godimento estetico che i luoghi offrivano prima dell’atto lesivo della loro integrità. Deve escludersi perciò che la realizzazione di un’opera provvisoria e di modeste dimensioni che risulti successivamente rimossa costituisca danno ambientale penalmente rilevante (nel caso di specie la Cassazione ha annullato senza rinvio, prosciogliendo l’imputato perché il fatto non sussiste, la sentenza del Pretore che aveva condannato per violazione dell’art. 734 c.p. un imputato che aveva realizzato sull’isola di Stromboli un piccolo box in lamiera zincata con autorizzazione all’installazione provvisoria).
* Cass. pen., sez. III, 20 giugno 1995, n. 7026 (ud. 4 maggio 1995), Sulligi.
Nel caso in cui un box per auto sia locato, ancorché con separato contratto, al conduttore di un appartamento destinato ad abitazione, sito nello stesso stabile, da parte del proprietario di entrambi i detti immobili, si che questi risultino destinati ad un uso unitario per un più completo godimento dell’abitazione concessa in locazione, il rapporto locativo del box, il cui uso si attua in funzione di pertinenza dell’abitazione, va assoggettato allo stesso regime giuridico relativo alla locazione di tale secondo immobile.
* Cass. civ., sez. III, 4 settembre 1990, n. 9115, Soc. Alleanza A c. Fava.
La modifica della localizzazione di box destinati ad autorimesse, con la realizzazione di essi fuori dell’area di pertinenza, costituisce variazione essenziale ai sensi dell’art. 8 della L. 28 febbraio 1985, n. 47, nel senso di una totale difformità dalla concessione.
* Cass. pen., sez. III, 16 giugno 1994, n. 7069 (ud. 15 aprile 1994), Pagliuca.
Un box auto (o la porzione di autorimessa o lo spazio di parcheggio), gravato da un vincolo pertinenziale e pubblicistico di destinazione, non può essere alienato con separato atto – rispetto all’appartamento cui è collegato – in quanto il predetto vincolo a finalità pubblicistica si concreta sia nella oggettiva inalterabile destinazione a parcheggio, che – in primis – nella concreta modalità d’uso consistente nella reale utilizzazione come parcheggio da parte di persona materialmente qualificata a quell’uso dalla condizione di proprietario dello stesso o di altro appartamento sito nel medesimo edificio condominiale di ubicazione del box-auto (o posto auto) gravato dal suddetto vincolo.
* Trib. civ. Roma, sez. II, 11 novembre 1994, Ceci ed altri c. Carpineti, in Arch. loc. e cond. 1995, 137.
Nel condominio degli edifici la comproprietà delle parti comuni indicate dall’art. 1117 c.c. e, più in generale, che servono per l’esistenza e l’uso delle singole proprietà immobiliari, alla quale si lega l’obbligo di partecipazione alle relative spese di manutenzione e conservazione (che il comma 1 dell’art. 1123 c.c. pone a carico dei condomini in proporzione delle rispettive quote, indipendentemente dalla misura dell’uso) ha il suo fondamento nel collegamento strumentale, materiale o funzionale ed, in altri termini, nella relazione di accessorio a principale con le singole unità (piani o porzioni di piano) in proprietà individuale dell’immobile, per cui le cose, i servizi e gli impianti necessari per l’esistenza e l’uso delle unità immobiliari di una parte soltanto dell’edificio appartengono solo ai proprietari di queste (unità) e non ai proprietari delle unità immobiliari dell’altra parte, rispetto alle quali manca quel rapporto di pertinenza che è il presupposto necessario del diritto di comunione. Ne consegue che le spese di manutenzione e conservazione delle cose e degli impianti che servono solo una parte del fabbricato, formando oggetto di condominio separato, debbono essere sostenute solo dai proprietari delle unità immobiliari di questa parte, e non dagli altri, secondo il principio generale del comma 3 dell’art. 1123 c.c., a norma del quale «quando un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità (nel caso specifico, è stato negato che i proprietari dei box contenuti in un immobile che, benché posto all’interno del perimetro condominiale delimitato da un muro di cinta, era separato dall’edificio con le unità abitative, dovessero concorrere alle spese di manutenzione della facciata di questo edificio).
* Cass. civ., sez. II, 2 febbraio 1995, n. 1255, Cond. di via Colonna 27, Milano c. Campi.
La presunzione di un rapporto pertinenziale tra l’appartamento destinato ad abitazione e il box (o il posto-macchina) è configurabile qualora gli immobili appartengano al medesimo proprietario, siano ubicati nello stesso edificio, siano concessi in locazione – anche se con separati contratti – allo stesso conduttore, e il box (o il posto-macchina) risulti destinato (secondo la volontà del proprietario, manifestata anche tacitamente) a soddisfare le esigenze abitative della famiglia alloggiata nell’appartamento.
* Trib. civ. Milano, sez. X, 8 maggio 1995, n. 4456, Reati c. Belli, in Arch. loc. e cond. 1996, 551.
La costruzione di muri lungo i due lati del posto-auto sito nel cortile condominiale, in guisa di trasformarlo in un box, configura una iniziativa compatibile con i principi e con i limiti di uso delle cose comuni, nella misura in cui non comporti alcuna alterazione dal punto di vista architettonico ed estetico, né alcuna alterazione ai diritti degli altri condomini.
* Trib. civ. Milano, 2 maggio 1991.
d) Cancelli
Non costituisce innovazione, ma semplice modificazione della cosa comune, la sostituzione dei cancelli di ingresso e uscita dei box, con sistema di apertura manuale, con altri a movimento automatizzato. Pertanto la relativa spesa può essere validamente deliberata dall’assemblea dei condomini con le maggioranze previste dall’art. 1136, secondo e terzo comma, cod. civ.
* Trib. civ. Monza, 14 dicembre 1984, Garimoldi e altri c. Cond. Sesto Est. 1, in Arch. loc. e cond. 1985, 79.
e) Controversie
Nel fabbricato condominiale di nuova costruzione ed anche nelle relative aree di pertinenza, ove il godimento dello spazio per parcheggio – nella misura di un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruito, ai sensi della norma imperativa ed inderogabile di cui all’art. 41 sexies della legge n. 1150 del 1942, introdotto dall’art. 18 della legge n. 765 del 1967 – non sia assicurato in favore del singolo condomino, essendovi un titolo contrattuale che attribuisca ad altri la proprietà dello spazio stesso, si ha nullità di tale contratto, nella parte in cui sia omessa tale inderogabile destinazione, con integrazione “ope legis” del contratto tramite riconoscimento di un diritto reale di uso di detto spazio in favore del condomino, nella misura corrispondente ai parametri della disciplina normativa applicabile per l’epoca dell’edificazione.
* Cass. civ., sez. II, 27 dicembre 2011, n. 28950, Negri ed altri c. Arena ed altri.
Rientrano nella competenza per materia del giudice di pace tutte le controversie nelle quali siano in discussione i limiti quantitativi e qualitativi dell’esercizio delle facoltà spettanti ai condomini, ma non quelle nelle quali si controverta circa l’esistenza (o l’inesistenza) del diritto stesso di usare le cose comuni per determinati fini (nella specie, è stata affermata la competenza del tribunale a conoscere della controversia avente ad oggetto la sussistenza o meno d’un divieto di parcheggio negli spazi comuni, asseritamente imposto dal regolamento di condominio).
* Cass. civ., sez. VI, 31 marzo 2011, n. 7547, Spolaore c. Mazzetto ed altro.
In tema di aree destinate a parcheggio, la norma dell’art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, introdotta dall’art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, la destinazione obbligatoria di appositi spazi a parcheggi in misura proporzionale alla cubatura totale dell’edificio, determinando, mediante tale vincolo di carattere pubblicistico, un diritto reale d’uso sugli spazi predetti a favore di tutti i condomini dell’edificio, senza imporre all’originario costruttore alcun obbligo di cessione in proprietà degli spazi in questione. Pertanto, ove l’azione per il riconoscimento del diritto reale d’uso sia stata proposta da uno solo dei condomini, il giudice di merito può individuare un preciso spazio fisico per la sosta dei veicoli di proprietà del condomino istante, senza che di tale decisione possa dolersi il costruttore del complesso immobiliare, il quale potrebbe astrattamente usucapire la rimanente parte dell’area vincolata.
* Cass. civ., sez. II, 27 gennaio 2012, n. 1214, Chaim c. Cividin S.p.a. ed altri, in Arch. loc. e cond. n. 7-8/2012.
Qualora solo alcuni dei condomini di un fabbricato abbiano proposto domanda per il riconoscimento del diritto di uso sulle aree da destinare a parcheggio condominiale e il primo giudice abbia accolto la domanda “in favore di tutti i condomini” (e, quindi, anche di quelli diversi dagli attori), se tale pronuncia è stata impugnata in appello solo dai convenuti in primo grado (acquirenti delle dette aree) e non dagli attori, questi ultimi non possono proporre ricorso per cassazione denunciando la violazione della non corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato da parte del primo giudice (e confermata in appello).
* Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2010, n. 4974, in Arch. loc. e cond. 2010, 493.
Il soggetto che quale proprietario di un appartamento di un edificio in condominio agisca in giudizio nei confronti di un terzo, perché gli sia inibita la sosta ed il parcheggio di veicoli effettuata sull’area di proprietà condominiale in violazione delle disposizioni del regolamento del condominio, non esercita un’azione possessoria di manutenzione (rientrante nell’esclusiva competenza per materia del pretore) bensì un’azione petitoria, agendo in forza ed a tutela dei poteri e delle facoltà inerenti alla comproprietà del suddetto bene, con la conseguenza che per la individuazione del giudice per essa competente trovano applicazioni gli ordinari criteri della competenza per valore.
* Cass. civ., sez. II, 25 maggio 1992, n. 6225.
La controversia promossa dal proprietario di appartamento in fabbricato condominiale, nei confronti del costruttore-venditore, per sentire riconoscere la destinazione a parcheggio di veicoli di spazi realizzati nel fabbricato stesso, in conformità del disposto dell’art. 41 sexies della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 (introdotto dall’art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765), non investe direttamente atti amministrativi, quali quelli in base a cui è stato costruito e destinato l’edificio, ma riguarda esclusivamente posizioni di diritto soggettivo nell’ambito di rapporti privatistici, e, pertanto, spetta alla giurisdizione del giudice ordinario.
* Cass. civ., Sezioni Unite, 17 dicembre 1984, n. 6602, Meda c. Oddo.
Dal principio fissato dall’art. 2909 cod. civ. – secondo cui l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa – si evince, «a contrario», che l’accertamento contenuto nella sentenza non estende i suoi effetti – e non è vincolante – per i terzi. Pertanto, qualora la domanda sia stata rigettata in primo grado, il diritto reale d’uso dell’area di parcheggio, di cui all’art. 18 L. n. 765 del 1967, può (e deve) essere dichiarato dal giudice di appello a favore dei soli condomini che hanno impugnato la sentenza di primo grado, non anche a favore degli altri che non abbiano partecipato al giudizio di prime cure.
* Cass. civ., Sezioni Unite, 5 novembre 1996, n. 9631, Simonetti c. Baiardelli, in Arch. loc. e cond. 1996, 872.
L’azione diretta ad ottenere l’accertamento della destinazione dell’autorimessa a servizio dello stabile condominiale introduce una controversia che concerne l’estensione del diritto dei singoli condomini in dipendenza dei rispettivi acquisti e, pertanto, esula dalla sfera di rappresentanza attribuita dall’art. 1131 cod. civ. all’amministratore del condominio, il quale quindi è sfornito di legittimatio ad processum.
* Cass. civ., sez. II, 29 febbraio 1988, n. 2129, Cond. V. Imprunet. c. Soc. Pian. 2 Torri.
Il singolo condomino da solo ovvero un gruppo di condomini senza necessità di chiamare in giudizio gli altri condomini o l’amministratore del condominio possono proporre l’azione giudiziaria contro il costruttore-venditore per rivendicare il diritto reale d’uso sull’area dell’edificio destinata a parcheggio con atto d’obbligo nei confronti dell’amministrazione comunale, non ricorrendo un ipotesi di litisconsorzio necessario.
* Cass. civ., sez. II, 19 aprile 1994, n. 3717, Torrevecchia 1972 c. Quinto.
Nel caso in cui la domanda sia diretta all’accertamento del diritto di uso esclusivo di un bene (nella specie, posti auto condominiali) e alcuni condomini eccepiscano in via riconvenzionale di esserne proprietari esclusivi in base ai titoli ovvero per intervenuta usucapione, si configura un’ipotesi di litisconsorzio necessario e il contraddittorio deve essere integrato nei confronti di tutti i comproprietari dello stabile, essendo dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo unico e inscindibile, con la conseguenza che la sentenza, implicando un accertamento in ordine a titoli di proprietà confliggenti tra loro, non può conseguire un risultato utile se non pronunciata nei confronti di tutti i partecipanti al condominio.
* Cass. civ., sez. II, 25 giugno 2001, n. 8666, Bucci Cesari c. Soc. Imm. Savellia ed altro, in Arch. loc. e cond. 2001, 802.
Anche in tema di condominio negli edifici l’oggetto della tutela possessoria è rappresentato dall’esercizio di fatto d’un diritto e non dalla titolarità di esso, sicché, una volta dimostrato che il potere sulla cosa si è manifestato in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale, quella tutela soccorre ancorché il possesso risulti illegittimo ed abusivo, essendo del tutto irrilevante, ai fini della relativa azione di reintegrazione, l’origine del possesso (nel caso concreto, è stata esclusa la turbativa nel possesso sulla rampa carrabile di accesso ad un locale di proprietà esclusiva di un condomino ai danni di altro condomino che pretendeva di parcheggiarvi la propria autovettura, impedendo così l’accesso veicolare del legittimo proprietario).
* Trib. civ. Nocera Inf., 18 luglio 1996, in Rass. loc. e cond. 1997, 242.
Nel caso in cui gli acquirenti di appartamenti in edificio condominiale agiscano per il riconoscimento del diritto al parcheggio su area a tanto destinata nella licenza edilizia (diritto irrinunciabile, imprescrittibile e tale da travolgere ogni pattuizione contraria, nonché opponibile ai terzi senza necessità di relativa trascrizione) nei confronti degli acquirenti della stessa area, non è necessario il litisconsorzio con il costruttore dante causa di questi ultimi acquirenti (nei confronti del quale la nullità degli atti che escludono il diritto per gli acquirenti degli appartamenti è pronunciata soltanto incidenter tantum); inoltre, agli acquirenti degli spazi non è dovuto il c.d. conguaglio del prezzo e, se sorgono contestazioni circa lo spazio per parcheggio spettante ad ogni avente diritto, la relativa questione è rimessa alla fase dell’esecuzione.
* Corte app. civ. Napoli, 18 febbraio 1997, Leone ed altri c. Ferrara ed altri, in Arch. loc. e cond. 1997, 259.
f) Destinazione di un locale a garage
L’assemblea di un condominio edilizio può validamente deliberare con la maggioranza di cui all’art. 1136, secondo comma, c.c. la specifica destinazione di un locale di proprietà comune a garage in relazione alle caratteristiche obbiettive del locale medesimo (nella specie: locale situato al piano terra dell’edificio con accesso alla via pubblica mediante una rampa carrabile) non importando una sostanziale modifica della cosa comune bensì trattandosi di un atto di amministrazione diretto ad assicurare a tutti i condomini il miglior godimento e la migliore utilizzazione della cosa comune, senza che ne derivi una violazione del principio del godimento paritario per l’impossibilità di assicurare a ciascun condomino un posto macchina, in quanto il pari uso della cosa comune non postula necessariamente il contemporaneo uso della cosa da parte di tutti i compartecipi della comunione, che resta affidato alla concreta regolamentazione per ragioni di coesistenza.
* Cass. civ., sez. II, 20 febbraio 1992, n. 2084, Rotondano c. Cond. via Onofrio, Roma.
g) Difficoltà di manovra
La deliberazione dell’assemblea condominiale, con la quale venga autorizzato l’uso di un bene comune in modo incompatibile con l’utilizzazione ed il godimento di parti dell’edificio di proprietà di un singolo condomino, è illegittima indipendentemente dalla circostanza che, per ragioni contingenti e transitorie, il bene di proprietà individuale ed esclusiva non sia attualmente utilizzato secondo la sua naturale destinazione. (In base al suddetto principio la Suprema Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva dichiarato la illegittimità di una delibera con la quale era stata decisa l’utilizzazione come parcheggio di un’area condominiale sotto il profilo che detto uso avrebbe ostacolato l’accesso ad alcuni locali di proprietà individuale destinati ad essere utilizzati come autorimesse, a nulla rilevando che detto uso non fosse attuale per la necessità di realizzare alcuni lavori di rifinitura e di adattamento dell’immobile).
* Cass. civ., sez. II, 5 settembre 1989, n. 3858, Cond. di Via Ronciglione 20, Roma c. Soc. Gefta.
h) Diritto di parcheggio nell’autorimessa comune
Nel condominio degli edifici la disciplina delle parti comuni, o presuntivamente dichiarate tali dall’art. 1117 cod. civ., è informata ai principi dell’indivisibilità e della loro inseparabilità, in ragione della loro destinazione al relativo servizio, da quelle di pertinenza esclusiva dei condomini, sicché, non potendo il singolo condomino, senza il consenso degli altri condomini, unilateralmente disporre delle parti comuni in modo autonomo ed indipendente da quelle di sua proprietà esclusiva, il cedente di una porzione di piano di sua esclusiva proprietà non può riservare a sé il diritto di comproprietà e quindi l’uso di parti comuni destinate al complesso condominiale (nella specie, diritto al parcheggio nell’autorimessa comune), con la conseguenza che, essendo inopponibile al condominio l’anzidetta riserva di proprietà, egli, ormai terzo rispetto al condominio, non è più legittimato a partecipare alle assemblee né ad impugnarne le deliberazioni.
* Cass. civ., sez. II, 10 gennaio 1990, n. 9, Condominio Via della Farnesina 347, Roma c. Necci.
i) Furto
In tema di furto, la circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede è configurabile anche quando la cosa si trova in luogo privato, ma aperto al pubblico o comunque facilmente accessibile, ovvero in un cortile di casa di abitazione in diretta comunicazione con una pubblica via ovvero in parcheggio privato non custodito.
* Cass. pen., sez. II, 5 settembre 1991, n. 8798 (ud. 17 gennaio 1991), Crisafulli.
Sussiste l’aggravante di cui all’art. 625, n. 1, c.p., nel caso di furto di due biciclette commesso in un’autorimessa condominiale, comunicante con l’edificio soprastante ove erano le abitazioni dei condomini, sebbene la porta di comunicazione fosse chiusa a chiave al momento del furto.
* Cass. pen., sez. II, 17 gennaio 1981, Pelamatti.
j) In area comune alberata
Non costituisce innovazione vietata, ai sensi dell’art. 1120 c.c., la destinazione di parte del cortile condominiale a parcheggio di autovetture allorché l’intervento riguardi una parte minima dell’area comune, atteso che ai fini della qualificazione dell’opera come innovazione deve aversi riguardo anche alla effettiva rilevanza ed apprezzabilità della modificazione che essa produce (nella specie, il giudice ha escluso che costituisse innovazione la riduzione di parte dell’area comune destinata a verde, in conseguenza dell’aggiunta di due posti auto ed un terzo di dimensioni ridotte rispetto ai cinque posti auto già esistenti, in ragione della sostanziale irrilevanza dell’intervento in relazione alla superficie interessata rispetto a quella condominiale).
* Cass. civ., sez. VI, ord. 4 luglio 2012, n. 11177 in Arch. loc. e cond. n. 6/12, con nota di Maurizio de Tilla.
La delibera assembleare di destinazione a parcheggio di un’area di giardino condominiale, interessata solo in piccola parte da alberi di alto fusto e di ridotta estensione rispetto alla superficie complessiva, non dà luogo ad una innovazione vietata dall’art. 1120 cod. civ., non comportando tale destinazione alcun apprezzabile deterioramento del decoro architettonico, né alcuna significativa menomazione del godimento e dell’uso del bene comune, ed anzi, da essa derivando una valorizzazione economica di ciascuna unità abitativa e una maggiore utilità per i condomini.
* Cass. civ., sez. VI, 12 luglio 2011, n. 15319 , Tarquini c. Cond. Via Tenuta Del Casalotto 9b, Roma.
In tema di condominio degli edifici, l’utilizzazione a parcheggio di autovetture private di un’area comune alberata, originariamente goduta come «parco-giardino», in relazione alla sua apprezzabile estensione, non si traduce in un miglioramento della cosa comune, ma comporta mutamento ed alterazione della destinazione della medesima, in pregiudizio dei diritti dei singoli condomini. Essa, pertanto, non può essere validamente deliberata dall’assemblea del condominio, con le maggioranze previste per le innovazioni utili (artt. 1120 primo comma e 1136 quinto comma c.c.), ma postula l’unanimità di tutti i condomini.
* Cass. civ., sez. II, 14 novembre 1977, n. 4922.
k) Parcheggio a pagamento
Il potere della maggioranza dei partecipanti alla comunione di disporre le modalità per il miglior godimento della cosa comune presuppone il rispetto della condizione che il diritto di comproprietà debba potersi estrinsecare liberamente, con l’unico limite derivante dal divieto di impedire uguale uso da parte degli altri compartecipanti e di alterare la destinazione della cosa comune. (Nella specie la Corte di cassazione ha ritenuto corretta l’affermazione dei giudici del merito secondo cui la deliberazione della maggioranza che stabiliva l’onere del pagamento di una somma per il parcheggio di autobus dei comproprietari su di un’area comune da essi utilizzata per il deposito di detti autoveicoli, veniva a limitare illegittimamente il potere di ciascuno di disporre liberamente del bene comune).
* Cass. civ., sez. II, 24 giugno 1974, n. 1905.
Il riconoscimento del diritto di uso di aree destinate a parcheggio comporta per i fruitori l’obbligo di integrare il pagamento (c.d. conguaglio del prezzo).
* Trib. civ. Napoli, ord. 24 ottobre 1991, in Nuovo dir. 1992, 454.
È legittima la norma del regolamento della comunione che stabilisce che i viali e i marciapiedi comuni, la cui funzione normale è quella del transito pedonale, siano destinati al parcheggio oneroso degli autoveicoli degli inquilini; siffatta innovazione vincola tutti i partecipanti nel senso che essi devono accollarsi l’onere della manutenzione delle cose per l’usura che il transito e la sosta delle vetture comportano.
* Trib. civ. Napoli, sez. X, 29 gennaio 1987, n. 840, Terribile e altri c. Condominio «Parco del Pino», San Giorgio a Cremano, in Arch. loc. e cond. 1987, 348.
l) Sosta su spazio destinato al libero accesso al pubblico
Le disposizioni del regolamento condominiale e la relativa delibera assembleare, adottate non all’unanimità ma a maggioranza, le quali pregiudichino i diritti di un condomino risultanti dall’atto originario del suo acquisto sono radicalmente nulle e l’azione giudiziaria per far valere tale nullità non è soggetta al termine di decadenza di cui all’ultimo comma dell’art. 1137 cod. civ. (Nella specie, alla stregua del citato principio, la Suprema Corte ha confermato la pronuncia del giudice del merito di nullità di una delibera dell’assemblea dei condomini che a maggioranza aveva consentito la sosta dei veicoli su uno spazio condominiale destinato, per una clausola del contratto di acquisto, al libero accesso del pubblico).
* Cass. civ., sez. II, 5 agosto 1988, n. 4851, Cond. Sesto Fio. c. Salvini.
m) Strisce di vernice
È lecita la realizzazione di strisce in vernice tracciate sulla pavimentazione dell’accesso alle autorimesse condominiali da parte di chi eserciti su di esse una servitù di passaggio, a patto che non vengano menomati i diritti del proprietario del fondo dominante ex art. 1067, secondo comma, c.c.
* Trib. civ. Milano, sez. VIII, 7 giugno 1993, Condominio di Via dei Valtorta 7, Milano c. Società Immobiliare Giocate, in Arch. loc. e cond. 1993, 783.
n) Superficie convenzionale
All’autorimessa concessa dal locatore con separato contratto di locazione allo stesso conduttore dell’appartamento di proprietà del medesimo locatore si applicano i criteri di determinazione del canone fissati dall’art. 13, L. n. 392 del 1978 solo se ne sia concretamente provato il rapporto di pertinenza, per essere l’autorimessa destinata in modo durevole ed effettivo al servizio dell’abitazione, anche nella sua componente soggettiva (oltre che oggettiva), la quale implica l’esigenza che il detto collegamento funzionale tra i due beni sia l’effetto della volontà, anche tacita, del proprietario (o del titolare di un diritto reale sulla cosa) e non solo la conseguenza dell’uso a cui è stata destinata dal conduttore. (Nella specie in base all’enunciato principio la Suprema Corte ha annullato la decisione del merito che con riguardo ad autorimessa posta nello stesso edificio in cui si trovava l’appartamento, in locazione con distinto contratto e per un canone autonomamente determinato, aveva ritenuto il vincolo pertinente con l’appartamento solo in base «alla situazione di fatto esistente»).
* Cass. civ., sez. III, 27 settembre 1991, n. 10124, Istituto Nazionale delle Assicurazioni c. Serignoli.
In tema di determinazione del canone di locazione di un immobile destinato ad uso di abitazione, l’art. 13 della L. 27 luglio 1978, n. 392, riferendosi alle autorimesse ed ai posti macchina, stabilisce che essi vanno considerati, ai fini del calcolo complessivo del canone, quali componenti della superficie convenzionale degli immobili locati; ne consegue che, qualora un’autorimessa ed un appartamento, siti nello stesso immobile, siano stati locati dal proprietario ad uno stesso conduttore, con pattuizione di due canoni separati, la subordinazione funzionale tra l’autorimessa e l’appartamento e cioè la utilizzazione della stessa da parte del conduttore per il ricovero della sua autovettura – il cui accertamento compete al giudice di merito – comporta che, ove con la pattuizione intervenuta le parti abbiano inteso eludere i criteri imperativi posti dalla legge, la pattuizione stessa incorre nella sanzione di nullità prevista dall’art. 79 della citata legge.
* Cass. civ., sez. III, 16 marzo 1990, n. 2203, Istituto nazionale delle assicurazioni c. Cittadin.
Con riguardo alla locazione di immobili urbani, sussiste la presunzione di un rapporto pertinenziale a norma dell’art. 817 cod. civ. tra l’appartamento destinato ad abitazione ed il posto macchina sito nell’autorimessa condominiale, qualora gli immobili appartengano al medesimo proprietario, siano ubicati nel medesimo edificio, siano concessi in locazione allo stesso conduttore ed il posto macchina risulti destinato a soddisfare le esigenze abitative della famiglia alloggiata nell’appartamento anche se ciò avvenga con separati e successivi contratti, atteso che la volontà del locatore in ordine alla destinazione dell’autorimessa, può anche essere desunta da un successivo negozio con il quale egli, trasferendo il bene considerato accessorio in godimento allo stesso soggetto che si trova già nel possesso, in forza di un rapporto di natura personale, della cosa principale, consente di fatto una miglior utilizzazione di quest’ultima.
* Cass. civ., sez. III, 8 marzo 1990, n. 1857, Ragni c. Istituto nazionale delle assicurazioni.
La legittima costituzione di un rapporto pertinenziale tra cose presuppone l’esistenza – oltre che di un unico proprietario – di un elemento oggettivo (consistente nella obbiettiva destinazione del bene accessorio ad un rapporto funzionale con quello principale) e di un elemento soggettivo (consistente nella effettiva volontà, espressa o tacita, di destinazione della res al servizio o all’ornamento del bene principale da parte di chi abbia il potere di disporre di entrambi). Pertanto, se il creditore anticretico non può determinare l’insorgenza di alcun vincolo pertinenziale tra beni, ben può il proprietario dei medesimi dimostrare, in modo implicito, ma inequivoco, la propria volontà di far cessare il detto nesso tra la cosa accessoria e quella principale mediante l’attribuzione, a due soggetti diversi, di un diritto personale su ciascuna di esse, in virtù di separati contratti di anticresi. (Nella specie, il conduttore di un appartamento e di una autorimessa, originariamente costituente pertinenza del primo, aveva visto subentrare all’originario – ed unico – proprietario due diversi creditori di quest’ultimo, cui i beni erano stati ceduti in godimento in forza di separati contratti di anticresi. Con detti creditori anticretici egli aveva stipulato due distinti contratti di locazione e, successivamente, aveva instaurato, dinanzi al pretore, un giudizio per la determinazione del canone ex art. 13, L. n. 392 del 1978, assumendo che, atteso il vincolo pertinenziale esistente tra i due beni, la regolamentazione pattizia andava dichiarata nulla perché volta ad eludere la disciplina sull’equo canone. La Suprema Corte, nel confermare la sentenza di rigetto della domanda pronunciata dal tribunale in grado di appello, ha enunciato il principio di diritto di cui in massima).
* Cass. civ., sez. III, 9 gennaio 1998, n. 136, Palmas c. Cassa nazionale di previdenza e di assistenza avvocati e procuratori, in Arch. loc. e cond. 1998, 189.
In tema di determinazione del canone di locazione ex lege 392 del 1978, l’indagine, affidata al giudice di merito, funzionale all’accertamento della sussistenza, o meno, di un vincolo pertinenziale tra autorimessa o posto macchina ed appartamento (con conseguente applicazione, o meno, del metodo di calcolo di cui all’art. 13 della legge citata) deve articolarsi attraverso il previo accertamento dei presupposti di fatto e di diritto necessari all’instaurazione del vincolo de quo e, in caso di esito positivo, nel riscontro della sussistenza degli elementi costitutivi (sotto il profilo soggettivo non meno che oggettivo) della fattispecie normativa disciplinata dagli artt. 817 ss. c.c., con facoltà di ricorso, per quanto concerne lo specifico accertamento dei detti elementi, anche a presunzioni di tipo semplice. In proposito, non sono idonee ad assumere rilievo decisivo ai fini della esclusione del vincolo pertinenziale né la circostanza che l’appartamento sia stato locato già dotato di posto macchina all’aperto (sito negli appositi spazi riservati al parcheggio ex art. 18 legge 765 del 1967), né che la locazione dell’autorimessa sia intervenuta in epoca successiva, nulla vietando, in astratto, di ipotizzare la possibilità che un appartamento sia dotato di una pluralità di pertinenze.
* Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 1998, n. 1983, Cnapf c. Gambarotto, in Arch. loc. e cond. 1998, 366.
Nel caso in cui un appartamento per uso abitativo ed il locale per il posto macchina sito nell’autorimessa condominiale siano stati concessi in locazione dal loro proprietario, anche con separati contratti, al medesimo conduttore, che abbia destinato il posto macchina per il posteggio dei veicoli propri e dei suoi familiari, il rapporto di pertinenza stabilito tra i due beni, secondo il vincolo di servizio imposto, tra gli stessi beni, dall’art. 26, ultimo comma della L. 28 febbraio 1985, n. 47 (a norma del quale gli spazi destinati a parcheggi nelle nuove costruzioni a norma dell’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, costituiscono pertinenza della costruzione al servizio della quale sono stati posti) non può essere efficacemente escluso da una contraria volontà delle parti, perché il predetto vincolo, per quanto ispirato da finalità pubblicistiche inerenti alla normalizzazione della viabilità urbana, incide, per la sua natura cogente ed inderogabile, anche nei rapporti intersoggettivi di diritto privato, tra cui quelli di locazione degli immobili per uso abitativo, che restano, conseguentemente, assoggettati alla regolamentazione unica del computo dell’equo canone prevista dall’art. 13 della legge del 1978, n. 392.
* Cass. civ., sez. III, 4 febbraio 1992, n. 1155, Ina c. Nicosia.
o) Tetto a copertura delle autorimesse
Al tetto posto a copertura delle autorimesse esterne all’edificio condominiale – svolgente, nella sua struttura unitaria ed omogenea, una funzione di riparo e di protezione delle unità sottostanti, ciascuna delle quali costituisce pertinenza della proprietà esclusiva dei singoli condomini – è applicabile la presunzione di comunione stabilita dall’art. 1117 n. 1 c.c. con la conseguenza che esso costituisce, al pari del tetto dell’edificio condominiale, oggetto di proprietà comune e che l’amministratore del condominio è legittimato ad esercitare le azioni che lo concernono. (Nella specie, condanna del costruttore al rifacimento della impermeabilizzazione o al rimborso per eseguirla direttamente).
* Cass. civ., sez. II, 5 settembre 1994, n. 7651, Zucchetti c. Cond. di Via Verdi 6, Cernusco sul Naviglio, in Arch. loc. e cond. 1995, 79.
p) Trasformazione dell’area di parcheggio
Rientra nella competenza del tribunale (e non del giudice di pace) la controversia nella quale si contesti la possibilità per l’assemblea dei condomini di destinare il cortile comune ad un uso diverso (nella specie area di parcheggio) da quello cui è naturalmente destinato. In tal caso infatti, negandosi in radice il diritto dei condomini ad utilizzare come parcheggio delle autovetture il bene comune, la domanda non concerne le modalità quantitative o qualitative dell’uso della cosa o dei servizi comuni, bensì la stessa possibilità dell’esercizio del diritto.
* Cass. civ., sez. II, ord. 21 aprile 2005, n. 8379, Crooke ed altra c. Cond. Viale Aloini 104, in Arch. loc. e cond. 2006, 47.
L’assemblea dei condomini, con deliberazione presa a maggioranza, mentre ha potere di predeterminare, sul cortile comune, le aree destinate a parcheggio delle automobili e di stabilire, nell’interno di esse, le porzioni separate di cui ciascun condomino può disporre, non ha, altresì, il potere di disporre la trasformazione dell’area di parcheggio in una vera e propria area edificabile, destinata alla costruzione di alcune autorimesse (a beneficio, oltretutto, non della collettività, bensì dei singoli che intendano profittarne).
* Cass. civ., sez. II, 16 febbraio 1977, n. 697.
q) Uso del cortile
In tema di condominio negli edifici, la delibera assembleare di destinazione del cortile condominiale a parcheggio di autovetture dei singoli condomini, in quanto disciplina le modalità di uso e di godimento del bene comune, è validamente approvata con la maggioranza prevista dall’art. 1136, quinto comma, c.c., non essendo all’uopo necessaria l’unanimità dei consensi, ed è idonea a comportare la modifica delle disposizioni del regolamento di condominio, di natura non contrattuale, relative all’utilizzazione ed ai modi di fruizione delle parti comuni.
* Cass. civ., sez. II, 15 giugno 2012, n. 9877, Condominio via Solari 56 in Milano c. Haupt, in Arch. loc. e cond. n. 5/12.
In tema di condominio di edifici, poiché la naturale e principale funzione dei cortili (cose comuni ex art. 1117 cod. civ.) è quella di dare aria e luce ai locali prospicienti di proprietà esclusiva e di consentire il libero transito per accedere ai medesimi, l’assemblea condominiale, con deliberazione presa a maggioranza, ha il potere di predeterminare, nel cortile comune, le aree destinate a parcheggio delle automobili e di stabilire, al loro interno, le porzioni separate di cui ciascun condomino può disporre, ma non quello di deliberare la trasformazione in un’area edificabile destinata alla installazione, con stabili opere edilizie, di autorimesse, a beneficio di alcuni soltanto dei condomini, configurandosi una innovazione vietata a norma dell’ultimo comma dell’art. 1120 cod. civ., in ragione, oltre che del venir meno della stessa funzione della detta area comune, della sua utilizzazione esclusiva da parte di alcuni dei condomini, con la sottrazione all’uso ed al godimento anche di un solo condomino.
* Cass. civ., sez. II, 9 dicembre 1988, n. 6673, Strazzabosco c. Bovolato.
Il comproprietario di un cortile destinato al parcheggio degli autoveicoli dei condomini non può utilizzarne una parte per la costruzione di una autorimessa per la propria auto, comportando questa una alterazione sia della consistenza strutturale della cosa comune che della destinazione funzionale della stessa, così utilizzata, oltre che per la sosta della autovettura, per il deposito dei relativi accessori e di altri beni.
* Cass. civ., sez. II, 21 maggio 1994, n. 4996, Borgato c. Condominio dell’edificio Il Casone.
La delibera assembleare di destinazione di aree condominiali scoperte a parcheggio autovetture dei singoli condomini va approvata a maggioranza, non essendo, all’uopo, necessaria l’unanimità dei consensi degli aventi diritto al voto.
* Cass. civ., sez. II, 17 ottobre 1998, n. 10289, De Robertis c. condominio Via Iacini 11, Bari, in Arch. loc. e cond. 1999, 89.
La sosta di un’autovettura negli spazi comuni condominiali configura una modalità di uso di detti beni, onde la controversia nella quale si discuta della legittimità o meno di tale forma di utilizzazione, perché contraria ad una espressa esclusione posta dal regolamento condominiale o da una deliberazione assembleare ovvero perché incompatibile con l’esercizio da parte degli altri condomini di loro concorrenti facoltà della stessa natura sul medesimo bene, concerne non il diritto di comproprietà o il diritto di esercitare in generale le relative facoltà, ma soltanto il limite qualitativo o quantitativo a seconda della contestazione sollevata della particolare facoltà di utilizzare in tal guisa il bene comune e rientra, pertanto, nella competenza per materia del giudice di pace ai sensi dell’art. 7 c.p.c.
* Cass. civ., sez. II, 17 marzo 1999, n. 2402, Laricchia c. Olivieri.
L’espressione «sosta di autoveicoli», usata nel regolamento di un condominio, al fine di consentire la medesima alle autovetture dei condomini nel cortile interno dello stabile, va interpretata alla luce della situazione dei luoghi, al fine di stabilire se la citata espressione faccia riferimento ad un uso a parcheggio stabile, ovvero ad un uso a sosta temporanea di automezzi per carico e scarico di merci o per altre necessità eccezionali.
* Trib. civ. Milano, 25 maggio 1992, in Arch. loc. e cond. 1992, 608.
La norma di un regolamento contrattuale di condominio che vieti di parcheggiare e lavare le auto nel cortile interno non fissa un modo di regolamentare la cosa comune (di tal tipo sarebbe stata invece ad esempio una clausola che, sul presupposto che fosse consentito il parcheggio e il lavaggio delle auto, regolamentasse tali diritti fissando gli orari, i giorni e le modalità), bensì limita il diritto di godimento dei condomini sulla cosa comune escludendo che di essa si possa fare un certo uso perché, evidentemente, non ritenuta confacente agli interessi dei condomini. Trattasi quindi di una norma che fa nascere un vero e proprio diritto soggettivo in capo a tutti i condomini, e che, in quanto tale, può essere modificata solo con il consenso unanime di tutti i condomini.
* Trib. civ. Piacenza, sez. II, 29 ottobre 1992, n. 438, Barbieri e altri c. Condominio Belvedere di Castel San Giovanni, in Arch. loc. e cond. 1993, 788.
La norma del regolamento condominiale richiamato nei singoli atti di acquisto la quale preveda il divieto di parcheggiare le autovetture nel cortile del condominio, non limitandosi a disciplinare soltanto l’uso e il godimento di una parte comune del fabbricato, ma incidendo nella sfera dei diritti soggettivi di ciascun condomino, ha natura di norma contrattuale, come tale modificabile solo con il consenso unanime dei condomini.
* Corte app. civ. Napoli, 10 giugno 1999, n. 1447, n. 154 c, Condominio di Corso Umberto I, in Arch. loc. e cond. 2000, 87.
È legittima la deliberazione condominiale presa a semplice maggioranza di destinare a parcheggio per le autovetture dei condomini parte del cortile condominiale e delimitare, nell’ambito di quest’area, gli spazi riservati al posteggio dei singoli veicoli. Non è legittima, invece, la deliberazione, presa con la stessa maggioranza – perché affetta da nullità – che assegna il singolo posto macchina, così delimitato, personalmente ad ogni singolo condomino in via esclusiva, definitiva e permanente, in quanto comporta, di fatto, le divisione di un bene immobile, per la quale è richiesto il consenso di tutti i condomini, ovvero la realizzazione dei presupposti di fatto e di diritto che consentano al singolo condomino di acquisire la proprietà esclusiva del posto macchina per usucapione contro la volontà dei condomini dissenzienti.
* Trib. civ. Foggia, 25 marzo 1994, in Giust. civ. 1995, I, 835.
La presenza in un condominio di un’unità immobiliare in cui si svolga un’attività commerciale o si eserciti un’attività professionale non implica, in base alle norme del c.d. codice civile che disciplinano il condominio, salvo che ciò sia consentito dal regolamento o deliberato dall’assemblea senza violare i diritti dei condomini, la possibilità per i terzi che ivi si rechino di godere del cortile o dei viali di proprietà condominiale per sostare o parcheggiare la propria autovettura.
* Trib. civ. Napoli, 16 febbraio 1996, n. 1462, Aulitto c. Condominio Parco Caruso, Pozzuoli, in Arch. loc. e cond. 1997, 111.
r) Uso del parcheggio
La delibera assembleare che, in considerazione dell’insufficienza dei posti auto compresi nel garage comune in rapporto al numero dei condomini, preveda il godimento turnario del bene e vieti ai singoli partecipanti di occupare gli spazi ad essi non assegnati, anche se gli aventi diritto non occupino in quel momento l’area di parcheggio loro riservata, non si pone in contrasto con l’art. 1102 cod. civ., ma costituisce corretto esercizio del potere di regolamentazione dell’uso della cosa comune da parte dell’assemblea. Né la volontà collettiva espressa in assemblea, la quale, preso atto dell’impossibilità del simultaneo godimento in favore di tutti i comproprietari, escluda l’utilizzazione, da parte degli altri condomini, degli spazi adibiti a parcheggio eventualmente lasciati liberi dai soggetti che beneficiano del turno, neppure comporta una violazione dell’art. 1138 cod. civ., in quanto non impedisce il godimento individuale del bene comune, ed evita, piuttosto, che, attraverso un uso più intenso da parte di singoli condomini, venga meno, per i restanti, la possibilità di godere pienamente e liberamente della cosa durante i rispettivi turni, senza subire alcuna interferenza esterna, tale da negare l’avvicendamento nel godimento o da indurre all’incertezza del suo avverarsi.
* Cass. civ., sez. II, 19 luglio 2012, n. 12485 , Marchese G. c. Cond. Via Antonio Locatelli, Roma ed altro.
Il diritto al parcheggio nelle aree condominiali è un diritto reale permanente, avente natura di limitazione legale della proprietà, la cui domanda di riconoscimento in sede giudiziaria non va soggetta a trascrizione.
* Cass. civ., sez. II, 5 ottobre 2009, n. 21248, in Arch. loc. e cond. 2010, 627.
In tema di comunione, il criterio dell’uso promiscuo della cosa comune, desumibile dall’art. 1102 cod. civ., richiede che ciascun partecipante abbia il diritto di utilizzare la cosa comune come può e non in qualunque modo voglia, atteso il duplice limite derivante dal rispetto della destinazione della cosa e della pari facoltà di godimento degli altri comunisti. Ne consegue che, ove il godimento pregresso non sia possibile per uno dei partecipanti a causa del mutamento elettivo delle sue condizioni personali, questi non può esigere nei confronti degli altri una diversa utilizzazione della cosa comune, avendo il singolo condomino l’onere di conformare ai limiti anche quantitativi del bene le proprie aspettative di utilizzo. (Nella specie, la richiesta di modifica dell’utilizzazione di uno spazio comune destinato a parcheggio condominiale era stata dettata esclusivamente dal sopravvenuto aumento di dimensioni dell’autovettura del ricorrente).
* Cass. civ., sez. II, 11 luglio 2011, n. 15203, Antonini c. Cond. viale dei Colli Portuensi 122, Roma.
La delibera assembleare di destinazione di aree condominiali scoperte a parcheggio autovetture dei singoli condomini va approvata a maggioranza, non essendo, all’uopo, necessaria l’unanimità dei consensi degli aventi diritto al voto.
* Cass. civ., sez. II, 17 ottobre 1998, n. 10289, De Robertis c. Cond. Via Iaccini 11, Bari.
L’utilizzazione a parcheggio dei viali adiacenti agli edifici di un complesso condominiale configura un uso della cosa comune (ulteriore rispetto alla ordinaria destinazione degli stessi ad accesso ai vari fabbricati); pertanto la disciplina di tale utilizzazione (con limitazione, nella specie, ad una sola vettura per unità abitativa) disposta dall’amministratore nell’ambito delle attribuzioni che gli competono a norma dell’art. 1130, primo comma, c.c. ovvero, a maggior ragione (come nella specie), dall’assemblea, non riguarda la misura del godimento riconosciuto ai singoli condomini sulla cosa comune ma raffigura una modalità d’uso della cosa stessa, con conseguente attribuzione delle relative controversie al Conciliatore a norma dell’art. 7, secondo comma, c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportatevi dall’art. 17 della legge 21 novembre 1991, n. 374.
* Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 1997, n. 772, Zacco c. Condominio Parco del Sole.
Un’area esterna comune adibita a parcheggio dei veicoli dei condomini può essere da costoro utilizzata per parcheggiarvi delle roulottes (se nel regolamento condominiale non sono in proposito previsti particolari divieti o limitazioni), trattandosi di un uso particolare dalla cosa comune che non ne altera la destinazione e non limita l’uso paritetico da parte degli altri condomini, per «pari uso» dovendosi intendere non l’uso identico in concreto (atteso che l’identità spaziale e temporale delle utilizzazioni concorrenti comporterebbe il sostanziale divieto per ogni condomino di fare qualsiasi uso particolare della cosa comune), bensì l’astratta valutazione del rapporto di equilibrio che deve essere potenzialmente mantenuto fra tutte le possibili concorrenti utilizzazioni del bene comune da parte dei partecipanti al condominio; ne consegue che deve ritenersi nulla perché lesiva del diritto di ciascun condomino all’uso della cosa comune la delibera con la quale l’assemblea, senza l’unanimità di tutti i partecipanti al condominio, vieti il suddetto uso particolare (parcheggio di roulottes) delle aree comuni.
* Cass. civ., sez. II, 26 settembre 1998, n. 9649, Cond. Bosco Verde c. Nussio ed altro.
Ogni partecipante al condominio è titolare della facoltà di agire anche da solo e individualmente a difesa dei diritti comuni inerenti al fabbricato condominiale ed alle sue componenti. Pertanto, sussiste la legittimazione del singolo condomino ad agire, in base all’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, per l’accertamento del diritto condominiale di uso degli spazi di parcheggio inerenti al fabbricato.
* Cass. civ., sez. II, 20 aprile 1995, n. 4465, Barbieri ed altri c. Società Immobiliare San Bernardino, in Arch. loc. e cond. 1995, 844.
I diritti spettanti a ciascun condomino (in base agli atti di acquisto, ovvero al regolamento condominiale in essi richiamato) sulle parti comuni dell’edificio non possono essere oggetto di delibere assembleari approvate a maggioranza che ne ledano il contenuto, essendo necessaria, a tal fine, una manifestazione unanime di volontà da parte di tutti i condomini, senza che, su tale principio, possa legittimamente incidere il disposto dell’art. 9, commi primo e terzo, della legge n. 122 del 1989, che stabilisce le maggioranze richieste per la validità delle deliberazioni assembleari aventi ad oggetto le opere e gli interventi per la realizzazione dei parcheggi, ma non prevede alcuna deroga al principio generale che esclude il potere della maggioranza dei condomini di menomare diritti validamente aquisiti da ciascuno di essi (fattispecie in tema di delibera condominiale, adottata a maggioranza, autorizzativa del parcheggio di autoveicoli in spazi comuni dell’edificio – costruito anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 765 del 1967 – nonostante una espressa previsione in senso contrario contenuta nel regolamento di condominio contrattuale).
* Cass. civ., sez. II, 14 giugno 1997, n. 5369, Cond. via Turati 27, S. Donato Milanese c. Fenocchi.
Nell’ipotesi in cui solo alcuni condomini abbiano convenuto in giudizio il venditore-costruttore dell’edificio per rivendicare il diritto reale d’uso sull’area dell’edificio destinata a parcheggio, non è configurabile un’ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti degli altri condomini, atteso che vengono dedotti in giudizio i distinti diritti di ciascuno, non collegati tra loro se non per l’identità del titolo (legale) da cui derivano.
* Cass. civ., sez. II, 9 agosto 2001, n. 10999, Ice Snei Spa c. Del Giudice ed altri.
Il principio per cui, in materia di possesso, l’atteggiamento di tolleranza del proprietario del bene rispetto ad un determinato uso che un terzo ne faccia, esclude la configurabilità di una situazione possessoria in capo al terzo solo quando la condotta tollerante non sia prolungata nel tempo, non è applicabile allorché l’atteggiamento del proprietario trovi giustificazione nella mancanza di un interesse ad opporsi al suddetto specifico uso. (Nella fattispecie i giudici del merito – con decisione confermata dalla S.C. – avevano ritenuto non costitutivo di una situazione possessoria in capo agli utilizzatori, il prolungato uso, quale parcheggio, di un’area di proprietà condominiale, per mera tolleranza dei titolari della stessa).
* Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 1998, n. 1384, Tecce ed altri c. D’Andrea, in Arch. loc. e cond. 1998, 382.
Nel caso in cui un’assemblea condominiale riconosca la necessità di adottare un progetto di regolamentazione della sosta e del parcheggio degli autoveicoli, in modo di ovviare alla situazione di turbativa, impedimenti e danneggiamenti conseguente alla caotica situazione di fatto venutasi a creare, senza però far seguire atti concreti a tale disponibilità, l’autorità giudiziaria deve sopperire all’inerzia dell’assemblea in ordine alla gestione della cosa comune nominando un amministratore.
* Trib. civ. Napoli, sez. X, decr. 3 marzo 1994, Santoianni, in Arch. loc. e cond. 1996, 97.
s) Vincolo di destinazione
L’art. 41 sexies della L. 17 agosto 1942 n. 1150, nel testo introdotto dall’art. 18 della L. 6 agosto 1967 n. 765, il quale prescrive che «nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione», pone un vincolo pubblicistico di destinazione, che non può subire deroga negli atti privati di disposizione degli spazi stessi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla norma imperativa. Tale principio resta immutato anche dopo l’entrata in vigore della L. 28 febbraio 1985 n. 47, atteso che l’art. 26 ultimo comma di detta legge, nello stabilire che «gli spazi di cui all’art. 18 della L. 6 agosto 1967 n. 765 costituiscono pertinenze delle costruzioni ai sensi degli artt. 817, 818 ed 819 cod. civ.», non ha portata innovativa, ma assolve soltanto alla funzione di esplicitare la regola, già evincibile nella norma interpretata, secondo cui i suddetti spazi possono essere oggetto di atti o rapporti separati, fermo però rimanendo quel vincolo pubblicistico.
* Cass. pen., Sezioni Unite, 18 luglio 1989, n. 3363, Baldassarri c. Società Edilizia Crisa r.l.
L’art. 41 sexies della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, intodotto dall’art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, il quale dispone che nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione, configura norma imperativa ed inderogabile, in correlazione degli interessi pubblicistici da essa perseguiti, che opera non soltanto nel rapporto fra il costruttore o proprietario di edificio e l’autorità competente in materia urbanistica, ma anche nei rapporti privatistici inerenti a detti spazi, nel senso di imporre la loro destinazione ad uso diretto delle persone che stabilmente occupano le costruzioni o ad esse abitualmente accedono. Ciò comporta, in ipotesi di fabbricato condominiale, che, qualora il godimento dello spazio per parcheggio non sia assicurato in favore del proprietario del singolo appartamento in applicazione dei principi sull’utilizzazione delle parti comuni dell’edificio o delle sue pertinenze, essendovi un titolo contrattuale che attribuisca ad altri la proprietà dello spazio medesimo, deve affermarsi la nullità di tale contratto nella parte in cui sottrae lo spazio per parcheggio alla suddetta inderogabile destinazione, e conseguentemente deve ritenersi il contratto stesso integrato “ope legis” con il riconoscimento di un diritto reale di uso di quello spazio in favore di detto condomino (salva restando la possibilità delle parti di ottenere, anche giudizialmente, un riequilibrio del sinallagma contrattuale, alterato dall’indicata integrazione dell’oggetto di una delle prestazioni).
* Cass. civ., Sezioni Unite, 17 dicembre 1984, n. 6600, Ciardi c. Soc. Il Pogg. Can.
Con riguardo all’attuazione del vincolo di destinazione a parcheggio degli appositi spazi delle nuove costruzioni, in favore dei proprietari delle unità abitative site nei fabbricati, qualora il diritto di uso del parcheggio operi in forza di legge, in contrasto con la volontà e la dichiarazione contrattuale, il relativo prezzo non può intendersi compreso in quello pattuito e pagato per la vendita dell’unità immobiliare, dato che questo non può intendersi riferito anche al diritto volontariamente non trasmesso. Ne deriva che il giudice, pronunziando il trasferimento dell’indicato diritto d’uso, deve anche pronunziare il riconoscimento del diritto del venditore al relativo compenso (nella misura da concordarsi tra le parti o, comunque, da determinarsi giudizialmente mediante apposita stima), in quanto, all’operata integrazione dell’oggetto di una delle prestazioni dovute per contratto, deve corrispondere la coerente integrazione dell’oggetto della controprestazione, per ripristinare l’equilibrio del sinallagma funzionale del contratto, altrimenti inficiato.
* Cass. civ., Sezioni Unite, 5 novembre 1996, n. 9631, Simonetti c. Baiardelli, in Arch. loc. e cond. 1996, 872.
Gli spazi destinati a parcheggio, previsti per le nuove costruzioni dall’articolo 18 della legge n. 765 del 1967, sono, in forza di un vincolo di destinazione di natura pubblicistica, riservati all’uso diretto delle persone che stabilmente occupano le singole unità immobiliari e costituiscono parti comuni dell’edificio ai sensi dell’articolo 1117 c.c., quando appartengono in comunione ai singoli condomini, ovvero oggetto di un diritto reale d’uso spettante a ciascun condomino, quando proprietari siano terzi o alcuni soltanto dei condomini; qualora l’originario proprietario-costruttore abbia ceduto a ciascun acquirente la comproprietà in comune con gli altri delle aree destinate a parcheggio, il successivo acquisto di un’unità immobiliare e della quota di comproprietà delle parti comuni, attribuisce all’acquirente la qualità di condomino su tutte le stesse e quindi anche il paritetico diritto d’usufruire dell’area di parcheggio, a nulla rilevando l’eventuale insufficienza di questa rispetto alle complessive esigenze del condomino, la quale può dar luogo a un diritto al risarcimento del danno nei confronti del costruttore ed è regolata dalle norme sull’uso della cosa comune nei rapporti tra condomini. (Nella specie, il costruttore-venditore aveva realizzato un superattico da un volume tecnico, destinato nel progetto a parte comune ma poi non venduto, e l’aveva quindi ceduto come unità immobiliare coi diritti sulle parti comuni dell’edificio; la S.C. in applicazione degli esposti principi ha affermato il diritto all’uso delle aree di parcheggio anche da parte della nuova condomina).
* Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 2000, n. 982, Cond. Palazzina A/4 V.le Villa De Grecis, Bari c. Michelini ed altri.
La norma di cui all’art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765 – la quale stabilisce che nelle nuove costruzioni ed anche nelle opere di pertinenza delle costruzioni stesse debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione – pone un vincolo pubblicistico di destinazione degli spazi in questione al servizio delle unità abitative dei condomini, ma tale regime, rimasto immutato anche dopo l’entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (il cui art. 26, ultimo comma, stabilisce che gli spazi anzidetti costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818 e 819 c.c.), non comporta affatto che le aree di parcheggio, fermo il vincolo di destinazione, rientrino tra le parti comuni dell’edificio a norma dell’art. 1117 c.c. e tanto meno che il loro godimento da parte dei proprietari delle unità abitative debba essere gratuito ove esse siano rimaste di proprietà del costruttore o di un terzo.
* Cass. civ., sez. II, 29 novembre 1994, n. 10217, Soc. Tiber Immobiliare c. Francucci. Conforme, Cass. civ., sez. II, 30 luglio 1998, n. 7498.
Il vincolo pubblicistico inderogabile riguardante gli spazi adibiti a parcheggio di cui all’art. 18 della legge n. 765 del 1967 (che ha trovato conferma nella successiva legge n. 122 del 1982), traducendosi in un rapporto di pertinenzialità necessaria con diritto reale dei singoli condomini all’uso dell’autorimessa, non può riguardare le costruzioni anteriori all’entrata in vigore della detta norma, alle quali sarà da ritenersi applicabile la disciplina ordinaria di cui agli artt. 817 e seguenti c.c. (secondo la quale, per l’esistenza del vincolo pertinenziale tra beni, è richiesta la sussistenza di un elemento oggettivo – che, cioè, il bene sia destinato al servizio o all’ornamento di altro bene – e di un elemento soggettivo – che, cioè, tale destinazione risponda all’effettiva volontà dell’avente diritto di creare un vincolo di strumentalità necessaria o complementarietà funzionale tra i beni -), con la conseguenza che, per affermare la esistenza di un vincolo pertinenziale tra una abitazione oggetto di alienazione e l’autorimessa (specie se individuata in distinta particella catastale), sarà necessario accertare la esistenza, oltre che del rapporto funzionale tra la cosa principale e quella accessoria, anche dell’elemento soggettivo della destinazione pertinenziale, consistente nella effettiva volontà dei titolari della proprietà sui beni collegati di destinare durevolmente la cosa accessoria al servizio di quella principale.
* Cass. civ., sez. II, 17 giugno 1997, n. 5395, Daidone Rosa c. La Ferrara Antonino.
La nullità della clausola del contratto di compravendita di appartamento che esclude il trasferimento della proprietà o del diritto reale di utilizzazione dell’area condominiale da riservare a parcheggio, ai sensi dell’art. 41 sexies della legge n. 1150 del 1942, aggiunto dall’art. 18 della legge n. 765 del 1967, ed il conseguente trasferimento ex lege del predetto diritto all’acquirente, comportano il diritto dell’alienante al corrispettivo di tale trasferimento, che dà luogo ad un debito di valore, rivalutabile fino alla data della sentenza.
* Cass. civ., sez. II, 4 febbraio 2000, n. 1248, Vegliante V. ed altri c. Califano ed altri.
L’art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942 n. 1150, nel testo introdotto dall’art. 18 legge 6 agosto 1967 n. 765, ha istituito tra costruzioni e spazio per parcheggio ad essi progettualmente annessi una relazione che ha connotazioni di necessità e di indispensabile permanenza di rilievo pubblicistico e con caratteristiche di realità che nell’ipotesi in cui la costruzione sia costituita da un edificio in condominio, comporta che detti spazi ricadano fra le parti comuni ex art. 1117 c.c. quando appartengano in comunione a tutti i condomini ovvero vengano a costituire oggetto di un diritto reale d’uso spettante ai condomini medesimi, quando la relativa proprietà competa a terzi estranei alla collettività condominiale o ad uno solo dei componenti di questa. Tale disciplina non vieta la negoziazione separata delle costruzioni e delle aree di parcheggio ad esse pertinenti, ma esclude che tale negoziazione possa incidere sulla permanenza del vincolo reale di destinazione gravante sulle aree cennate.
* Cass. civ., sez. II, 3 aprile 1998, n. 3422, Gavaldo A. ed altri c. Vignale ed altro.
In tema di pertinenze, tra le singole unità immobiliari di proprietà esclusiva dei condomini e le relative aree di parcheggio esiste un vincolo pertinenziale ex lege, previsto dalla norma di cui all’art. 26 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (a mente della quale «gli spazi di cui all’art. 18 della legge 765/67 costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi degli artt. 817, 818 ed 819 c.c.).
* Cass. civ., sez. II, 4 marzo 2000, n. 2473, Delfini c. Basello ed altri.
Il principio della irretroattività della legge (sancito dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale) deve ritenersi applicabile anche alle norme di ordine pubblico, e non trova, pertanto, deroga nel disposto della legge 6 agosto 1967 n. 765, il cui art. 18, prevedendo lo specifico obbligo di riservare appositi spazi condominiali a parcheggio, fa esplicito riferimento alle «nuove costruzioni», con la conseguenza che deve ritenersi affetta da invalidità la delibera condominiale, adottata a maggioranza, che abbia autorizzato il parcheggio degli autoveicoli nelle aree comuni di un edificio, costruito anteriormente all’entrata in vigore della citata normativa, nonostante una espressa previsione contraria contenuta nel regolamento condominiale contrattuale.
* Cass. civ., sez. II, 14 giugno 1997, n. 5369, Cond. via Turati 27, S. Donato Milanese c. Fenocchi.
Il regime di cui all’art. 41 sexies della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 introdotto dall’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765 (cosiddetta legge ponte) e rimasto immutato dopo l’entrata in vigore della L. 28 febbraio 1985, n. 47 il cui art. 26, ultimo comma, stabilisce che gli spazi di parcheggio costituiscono pertinenze, non comporta che tali aree, fermo restando il vincolo di destinazione, rientrino tra le parti comuni dell’edificio a norma dell’art. 1117 c.c.
* Cass. civ., sez. II, 16 luglio 1994, n. 6696, Alvaro c. Galvani.
Le aree degli edifici riservate a parcheggio ex art. 41 sexies della L. 17 agosto 1942 n. 1150, introdotto dall’art. 18 della L. 6 agosto 1967 n. 765, devono presumersi comuni ai sensi dell’art. 1117 cod. civ. (la cui elencazione non è tassativa), atteso che sussiste per dette aree, obiettivamente destinate per legge ad uso comune, l’identica ratio che sta alla base della presunzione di comunione stabilita da detta norma codicistica. Ove, poi, tale presunzione sia vinta dal titolo, risultando quelle aree di proprietà esclusiva di uno o più condomini, il vincolo di destinazione comune determina la costituzione ope legis a favore dell’intero edificio o delle sue singole parti, appartenenti a proprietari diversi, di un diritto reale di uso sulle aree medesime.
* Cass. civ., sez. II, 20 luglio 1987, n. 6365, De Santis c. Acconcia.
L’obbligo di riservare a parcheggio, nelle nuove costruzioni ed aree ad esse inerenti, appositi spazi (in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri di fabbricato), ai sensi e nel vigore dell’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765 (e quindi prima della L. 28 febbraio 1985, n. 47, il cui art. 26, in via innovativa, qualifica come pertinenziale il rapporto con i suddetti spazi), si ricollega ad esigenze pubblicistiche e costituisce un vincolo di destinazione, in favore degli abitanti delle costruzioni medesime, non derogabile, né da parte del costruttore, né da parte di successivi rapporti privatistici, che restano colpiti da nullità ove si pongano in contrasto con tale destinazione. Pertanto, in edificio condominiale, e per il caso in cui gli indicati spazi si trovino in aree incluse fra i beni comuni, la citata norma rende invalida la clausola del regolamento condominiale, recepita nei contratti di vendita, che introduca divieti di parcheggio, e, quindi, legittima la deliberazione assembleare che consenta il parcheggio stesso in contrasto con tale regolamento.
* Cass. civ., sez. II, 6 maggio 1988, n. 3370, Pignone c. Cond. P. S. Ant.
L’art. 41 sexies della L. 17 agosto 1942, n. 1150, così come modificato dall’art. 18, della L. 6 agosto 1967, n. 765, il quale prescrive che nelle nuove costruzioni e anche nelle aree di loro pertinenza debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi, pone un vincolo pubblicistico di destinazione, ed un rapporto di pertinenza necessario tra gli appartamenti dell’edificio e gli spazi per parcheggio posti al loro servizio, che non può essere spezzato da atti di autonomia privata e che conseguentemente comporta, nel caso di locazione, con separati contratti, dell’appartamento e dell’area di parcheggio o del box al medesimo conduttore, l’assoggettamento, ai sensi dell’art. 818 c.c., della cosa accessoria (il box o l’area di parcheggio) al regime locativo della cosa principale (l’appartamento). Per gli immobili in precedenza costruiti, ai quali la predetta norma, essendo irretroattiva, non può essere applicata, l’assoggettamento del distinto contratto di locazione del box al regime del contratto di locazione dell’appartamento presuppone, invece, l’accertamento, in concreto, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, di un rapporto pertinenziale tra i due beni, secondo gli ordinari criteri fissati dalle disposizioni del codice civile.
* Cass. civ., sez. III, 28 ottobre 1992, n. 11731, Centore c. Pinto.
L’art. 41 sexies della legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, introdotto dall’art. 18 L. 6 agosto 1967 n. 765 (cosiddetta legge ponte) prescrivendo che negli edifici di nuova costruzione siano riservati appositi spazi di parcheggio, pone un vincolo pubblicistico di destinazione non suscettibile di deroga negli atti privati di disposizione degli spazi ridetti, ma non ne indica la localizzazione in una parte piuttosto che in un’altra del complesso condominiale, né crea per essi una presunzione di comunione inquadrabile nell’art. 1117 c.c., implicando soltanto il divieto per il proprietario di disporne in modo da sottrarlo a detta destinazione.
* Cass. civ., sez. II, 27 aprile 1993, n. 4934, De Lucia c. Chiaro.
In tema di spazi riservati a parcheggio secondo quanto prescrive, per le nuove costruzioni, l’art. 18 della L. 6 agosto 1967 n. 765, il riconoscimento in via giudiziaria del diritto dei proprietari acquirenti degli appartamenti dell’immobile di usufruire dell’area di parcheggio nonostante la riserva di proprietà a favore dell’alienante, originario proprietario dell’edificio, non presuppone né è condizionato al previo accordo sulla misura della integrazione del corrispettivo della vendita degli appartamenti, né all’accertamento giudiziale di tale integrazione, che può essere anche successivo ed indipendente dal predetto riconoscimento.
* Cass. civ., sez. II, 28 maggio 1993, n. 5979, Todaro e altra c. Di Noi.
La costruzione di un edificio senza la realizzazione, in contrasto con il progetto approvato dalla autorità competente, delle aree di parcheggio prescritte dall’art. 41 sexies della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, introdotto dall’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, e la successiva alienazione dei singoli alloggi integra una violazione da parte del costruttore-venditore della citata norma, non solo sotto il profilo amministrativo ed eventualmente contravvenzionale, ma anche sotto quello dei rapporti interprivatistici (artt. 871 e 872 c.c.). Detta ultima violazione legittima i condomini (o almeno gli originari acquirenti) ad una azione di risarcimento dei danni nei confronti del venditore, ma non ad un’azione di nullità parziale del contratto ex art. 1419 c.c., in quanto nel caso in esame la scissione tra il bene principale ed il bene accessorio (rispettivamente l’alloggio ed il parcheggio) e della loro relazione funzionale, non è riferibile alle concluse vendite, stante l’inesistenza del parcheggio nel momento in cui sorse il condominio, onde difettano i presupposti di applicabilità degli artt. 1418 e 1419 c.c.
* Cass. civ., sez. II, 27 ottobre 1995, n. 11194, Osella ed altri c. Bessone.
Anche a norma dell’art. 26, ultimo comma della L. 28 febbraio 1985, n. 47, che non ha modificato il regime vincolistico imposto dall’art. 18 della legge «ponte» 26 agosto 1967, n. 765 fra unità abitativa e spazi di parcheggio condominiali, chiarendone solo l’originaria portata, deve ritenersi che i contratti di autonoma disposizione di detti parcheggi, pur ammissibili, non possono intaccare il diritto reale d’uso a favore del titolare dell’unità abitativa. È pertanto nulla e va sostituita ope legis la clausola contrattuale con la quale il venditore dell’immobile abbia riservato a sé la proprietà dell’area di parcheggio, salvo il diritto del venditore e correlativamente l’obbligo dell’acquirente dell’unità abitativa di integrare il prezzo convenuto per il riequilibrio del sinallagma del contratto di compravendita.
* Cass. civ., sez. II, 18 luglio 1991, n. 7994, Bertino c. Calabrò.
L’art. 41 sexies della L. 17 agosto 1942, n. 1150, nel testo introdotto dall’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765 (a norma del quale nelle nuove costruzioni o nelle aree di pertinenza di queste debbono essere riservati appositi spazi per parcheggio in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione) ed ulteriormente chiarito dall’art. 26 della L. 28 febbraio 1985, n. 47 (che, conferendo certezza testuale alla regola già desumibile dall’art. 18 della L. n. 765 del 1967, ha precisato che l’area destinata a parcheggio costituisce pertinenza della costruzione), pone un inderogabile vincolo pubblicistico di destinazione di detta area, che non impedisce al proprietario dell’edificio di riservarsi, negli atti di vendita dei singoli appartamenti, la proprietà dell’area stessa destinata a parcheggio o di trasferire ad altri la proprietà, atteso che non attribuisce tale proprietà ai condomini per effetto automatico dell’acquisto dell’appartamento, ma esclude solo la possibilità che la riserva o il trasferimento a terzi della proprietà privi i proprietari degli appartamenti dell’edificio del diritto reale di utilizzazione di tale area per il parcheggio dei loro veicoli, sottraendola al vincolo pubblicistico di destinazione.
* Cass. civ., sez. II, 1 giugno 1993, n. 6104, Lisandrelli c. Snc Iannozzi.
Con riguardo agli spazi riservati a parcheggio, secondo quanto prescrive per le nuove costruzioni l’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, deve ritenersi consentita, in applicazione delle regole dettate dal codice civile sulle pertinenze, ed anche prima dell’entrata in vigore dell’art. 26, ultimo comma della L. 28 febbraio 1985, n. 47 (che comunque chiarisce la portata di detto art. 18, inquadrando quelle porzioni nella normativa delle pertinenze), la riserva di proprietà in favore del costruttore, con gli atti di trasferimento delle singole unità condominiali o dell’intero fabbricato, sempreché venga rispettato l’indicato vincolo di destinazione (come nel caso in cui il parcheggio resti assicurato ai condomini mediante il pagamento di un canone).
* Cass. civ., sez. II, 29 febbraio 1988, n. 2129, Cond. V. Imprunet. c. Soc. Pian. 2 Torri.
Poiché per l’attuazione della costituzione del diritto reale di uso per parcheggio dei condomini di un edificio – artt. 18 legge 6 agosto 1967 n. 765 e 2, secondo comma, legge 24 marzo 1989, n. 122 – è necessario identificare la superficie da assoggettare all’uso normativamente previsto, secondo le misure («non inferiore ad un metro quadrato per ogni metro cubo di costruzione») dalla stessa norma stabilite, il condominio, in assenza di relativa previsione o nell’atto concessorio, o nel regolamento condominiale, o negli atti di acquisto dei singoli appartamenti, deve chiedere al giudice tale identificazione, e pertanto non può, ex se, con delibera, costituire il vincolo pubblicistico di destinazione predetta, scegliendo l’ubicazione degli appositi spazi su più ampia area del costruttore-venditore.
* Cass. civ., sez. II, 11 agosto 1997, n. 7474, Frascino c. Cond. via Iannelli 190, Napoli.
Costituiscono un valido strumento interpretativo del contratto di vendita di appartamento condominiale, nel silenzio o nell’ambiguità della convenzione in ordine al diritto dell’acquirente al godimento dell’area di parcheggio realizzata dal costruttore, le norme disciplinanti le costruzioni – tra cui l’art. 41 sexies della L. 17 agosto 1942 n. 1150 (introdotto dall’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765), statuente che nelle nuove costruzioni debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi – e ciò per il principio che il bene-casa deve essere concepito nella sua regolare conformazione, delineata dalle norme suindicate, nonché in virtù del principio di buona fede, di cui agli artt. 1366 e 1375 cod. civ., ed in base all’art. 1374 dello stesso codice, che obbliga le parti anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo le leggi, tra le quali vanno incluse quelle regolanti erga omnes, in vista del pubblico interesse, le caratteristiche del bene oggetto della compravendita.
* Cass. civ., sez. II, 24 aprile 1981, n. 2452, Cond. Porris. S. c. Marrazzo.
Alla nullità del contratto di compravendita di unità immobiliari, nella parte in cui risulti sottratta (mediante riserva al venditore o trasferimento a terzi) la superficie destinata alla inderogabile funzione di parcheggio, consegue la integrazione della convenzione negoziale ope legis, con l’attribuzione, in favore dell’acquirente dell’unità immobiliare, del diritto reale d’uso di tale area, e, in favore dell’alienante, del corrispettivo ulteriore (da concordarsi tra le parti, o, in difetto, da determinarsi dal giudice), così ripristinando direttamente l’equilibrio del sinallagma contrattuale.
* Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2000, n. 4977, Rutigliano c. Pignataro ed altro.
La nullità della clausola del contratto di compravendita di appartamento che esclude il trasferimento della proprietà o del diritto reale di utilizzazione dell’area condominiale da riservare a parcheggio, ai sensi dell’art. 41 sexies L. 27 agosto 1942 n. 1150, aggiunto dall’art. 18 L. 6 agosto 1967 n. 765, ed il conseguente trasferimento ex lege del predetto diritto al compratore, comporta il diritto del venditore al corrispettivo di tale trasferimento, che dà luogo ad un credito di valore rivalutabile perché ha la funzione di integrazione non del prezzo, in senso proprio, ma degli effetti legali della compravendita, con l’aggiunta di un effetto legale che articolandosi nel trasferimento della proprietà o del diritto reale di godimento dell’area di parcheggio e nella integrazione del corrispettivo, in egual misura le parti sono tenute a rispettare ed in egual misura deve conseguentemente incidere sul loro patrimonio, senza alterare l’obbligo del venditore di rimborsare l’avente diritto dei frutti civili eventualmente percepiti con lo sfruttamento dell’area dalla data del contratto.
* Cass. civ., sez. II, 20 aprile 1993, n. 4622, Cond. di via G. Pilli 86/b, Camaro Inferiore c. Lascari.
Poiché la norma imperativa dell’art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765 ha riconosciuto ai condomini un diritto reale d’uso sugli spazi riservati al parcheggio dei veicoli, nel caso in cui il costruttore dell’edificio, in violazione di tale norma, abbia ceduto le unità immobiliari riservandosi la proprietà dell’area in questione, deve essere dichiarata la nullità dei contratti di vendita dell’area medesima nella parte in cui la sottraggono alla sua destinazione inderogabile, e detti contratti devono ritenersi integrati ope legis con il riconoscimento del diritto reale d’uso in favore dei condomini, salvo il diritto del venditore a pretendere dagli acquirenti delle unità immobiliari la maggiorazione del prezzo di vendita.
* Cass. civ., sez. II, 10 gennaio 1995, n. 244, Imperi c. Giansante e altri.
L’art. 41 sexies della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 – come introdotto dall’art. 18 della L. 6 agosto 1967 n. 765, che dispone l’obbligatoria «riserva», a servizio delle nuove costruzioni, di «spazi per parcheggi» – ha, per la finalità perseguita (ordinato assetto urbanistico), carattere imperativo ed opera non solo come norma di azione, nel rapporto pubblicistico tra la pubblica amministrazione e chi domanda la licenza edilizia, bensì anche come norma di relazione, nei rapporti privatistici concernenti detti parcheggi, in quanto pone un limite all’autonomia privata, sanzionando di nullità, ai sensi degli artt. 1418 e 1419 cod. civ., ogni convenzione che, per privato interesse del costruttore o del rivenditore degli immobili (o anche dei condomini stessi), sottragga gli spazi suindicati alla funzione loro assegnata dalla legge. Ne deriva che va dichiarata nulla, per contrarietà alla disposizione imperativa in questione, sia la clausola con cui il costruttore od altri nel vendere i singoli appartamenti, escludano dalla vendita la comproprietà dei locali di parcheggio, come parte di natura condominiale (art. 1117 cod. civ.), o, comunque, il godimento del servizio di parcheggio a titolo di servitù, sia l’atto con cui l’acquirente di un appartamento rinuncia al servizio medesimo, con il conseguente diritto di quest’ultimo di fruire del servizio e dell’alienante di esigere il relativo corrispettivo pecuniario.
* Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 1982, n. 483, Paolillo c. Napoli.
La domanda di accertamento del diritto reale di uso dell’area destinata a parcheggio condominiale ai sensi dell’art. 41 sexies della L. 17 agosto 1942, n. 1150 (nel testo novellato dalla L. 6 agosto 1967, n. 765) e dell’art. 26 comma 5 L. 28 febbraio 1975, n. 47, non è nuova rispetto alla domanda di accertamento del diritto di comproprietà originariamente proposta dalla parte, quale proprietaria di una unità abitativa dell’edificio, perché non altera radicalmente il petitum di tale domanda, il cui oggetto mediato (l’area condominiale destinata a parcheggio) rimane comunque inalterato, ma non lo modifica soltanto, adeguandolo in una direzione più idonea a legittimare la concreta attribuzione del bene materiale che ne è oggetto.
* Cass. civ., sez. II, 23 giugno 1995, n. 7155, Soc. Nadini c. Lusitano.
Il giudice non può, in violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.), riconoscere la costituzione ope legis del diritto reale di uso per parcheggio su un’area accessoria ad un edificio, per effetto delle norme imperative di cui agli articoli 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765 e 26 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, se l’acquirente della singola unità immobiliare ha chiesto, in conseguenza della violazione di dette norme e sebbene questa comporti la nullità (ex artt. 1418 c.c. e 9 della legge n. 122 del 1989) delle clausole contrattuali in contrasto con la citata disciplina imperativa il riconoscimento del diverso diritto di comproprietà sull’area accessoria.
* Cass. civ., sez. II, 7 marzo 1997, n. 2036, Arcioni ed altro c. Murgiolu.
Per sentir dichiarare la destinazione di un’area a parcheggio condominiale, ai sensi dell’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, e la nullità dei negozi contrari alla citata norma vincolistica, ove l’area stessa sia comune a due condominii (rendendosi applicabili le norme specifiche della comunione ex art. 1100 e 1105 c.c. e non anche quelle che regolano il condominio), la legittimazione dei singoli partecipanti, e per essi degli amministratori, ad agire contro terzi, o contro altri partecipanti, può sorgere anche da una semplice manifestazione di volontà dei partecipanti.
* Cass. civ., sez. II, 4 gennaio 1993, n. 18, Prosperi c. Bucci.
L’art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765 (introduttivo dell’art. 41 sexies della legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150) – disponendo che nelle nuove costruzioni devono essere riservati spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione – non delinea una servitù di uso pubblico, ma crea una situazione pertinenziale tra la proprietà dell’edificio e l’area di parcheggio ad esso destinata (confermata, per la Regione siciliana, dalla qualifica dell’area di parcheggio come dotazione dell’edificio, ex art. 21 della legge regionale 26 maggio 1973 n. 21), la quale, nell’ipotesi di edificio condominiale, assume la forma della comproprietà, in capo ai condomini, dell’area, come parte necessaria all’uso comune (art. 1117 cod. civ.), se l’area stessa era di proprietà del costruttore, ovvero di un diritto (comune) di servitù dei condomini sull’area, se questa appartiene ad un terzo. La normativa, dato il fine pubblico perseguito, ha natura cogente e pertanto qualsiasi negoziazione avente ad oggetto unità immobiliari di un edificio dotato dell’area di parcheggio comporta ipso iure il trasferimento al compratore della proporzionale quota dell’area medesima (quota di comproprietà o di coservitù), in virtù dell’integrazione ope legis degli effetti del contratto ai sensi dell’art. 1374 cod. civ., senza il versamento di un ulteriore corrispettivo, salva, per il venditore, ricorrendo gli estremi richiesti dall’art. 1429 n. 4 cod. civ., l’azione di annullamento del contratto, ove l’omesso computo nel prezzo del valore della quota dell’area di parcheggio si ricolleghi ad un errore sulle conseguenze giuridiche del negozio.
* Cass. civ., sez. II, 18 dicembre 1981, n. 6714, Romano c. Trio.
Ogni partecipante al condominio è titolare della facoltà di agire anche da solo e individualmente a difesa dei diritti comuni inerenti al fabbricato condominiale ed alle sue componenti. Pertanto, sussiste la legittimazione del singolo condomino ad agire, in base all’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, per l’accertamento del diritto condominiale di uso degli spazi di parcheggio inerenti al fabbricato.
* Cass. civ., sez. II, 20 aprile 1995, n. 4465, Barbieri c. Immobiliare S. Bernardino Società.
Nella disciplina urbanistica di cui alla L. 6 agosto 1967, n. 765, l’obbligo di riservare nelle nuove costruzioni spazi per parcheggio, ai sensi dell’art. 18 della citata legge, può essere osservato realizzando tali spazi tanto in aree di pertinenza, quanto in locali facenti parte delle costruzioni stesse (e da trasferire agli acquirenti delle singole unità immobiliari), come nel caso di boxes o garages ricavati in piani interrati.
* Cass. civ., sez. II, 20 marzo 1989, n. 1390, Calcagna c. Cianfriglia.
La nullità della clausola che esclude dalla compravendita di un appartamento in un edificio in condominio il diritto all’uso dell’area comune destinata a parcheggio con atto negoziale tra i condomini non può giustificare una pretesa risarcitoria del venditore perché questa presuppone un illecito contrattuale o extracontrattuale dell’altra parte.
* Cass. civ., 29 maggio 1995, n. 6036, Burlando c. Valentino.
La mera circostanza che il costruttore di un fabbricato condominiale, il quale, prima di vendere i singoli alloggi, nel destinare delle aree a parcheggio ai sensi e nel vigore dell’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, se ne sia riservato la proprietà, come il fatto che i successivi atti di vendita non contengano espressa menzione del trasferimento anche della comproprietà delle aree medesime, non è sufficiente a superare la presunzione di inclusione delle dette aree fra i beni comuni, posta dall’art. 1117 cod. civ.
* Cass. civ., sez. II, 26 giugno 1990, n. 6472, Di Giuseppe c. Massafra.
La domanda di integrazione del prezzo di un appartamento compravenduto, proposta dal venditore perché sia ristabilito l’equilibrio del sinallagma alterato dalla nullità della clausola del contratto di compravendita che esclude dalla vendita il diritto sull’area comune destinata, con accordo negoziale, a parcheggio condominiale, è diversa, per l’oggetto e la causa petendi, da quella di risarcimento del danno e non può essere pertanto proposta in appello, ostandovi il divieto dell’art. 345 c.p.c., se in primo grado sia stato chiesto dal venditore solo il risarcimento dei danni subiti a causa della predetta nullità.
* Cass. civ., sez. II, 29 maggio 1995, n. 6036, Burlando c. Valentino.
In tema di locazione di immobili urbani, sussiste la presunzione di un rapporto pertinenziale, a norma dell’art. 817 c.c., tra l’appartamento destinato ad abitazione ed il posto macchina sito nell’autorimessa condominiale, qualora gli immobili appartengano al medesimo proprietario, siano ubicati nello stesso edificio, siano concessi in locazione – anche se con separati contratti – allo stesso conduttore, ed il posto macchina risulti destinato a soddisfare le esigenze della famiglia alloggiata nell’appartamento; ne consegue che il rapporto locativo del posto-macchina, il cui uso si attua in funzione di pertinenza dell’abitazione, va assoggettato allo stesso regime giuridico relativo alla locazione di tale secondo immobile.
* Cass. civ., sez. III, 15 gennaio 1997, n. 370, Siniscalchi e altro c. Guadagno.
Nel giudizio di rinvio conseguente all’annullamento della sentenza che abbia negato agli acquirenti di unità immobiliari il diritto alla utilizzabilità delle aree condominiali vincolate a parcheggio ex art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, aggiunto dall’art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, delle quali il venditore si sia riservata la proprietà, non è precluso a quest’ultimo di riproporre la questione relativa al carattere non gratuito della utilizzazione di tali aree (che egli, in quanto interamente vittorioso in appello, non avrebbe potuto sottoporre alla corte di legittimità con ricorso incidentale, anche condizionato, difettando di interesse) la cui soluzione, benché connessa con il tema degli effetti del regime giuridico degli spazi di parcheggio sull’autonomia contrattuale, non costituisce il presupposto logico-giuridico della pronunzia di annullamento e rientra nel campo di discussione lasciato aperto da questa, ferma restando tuttavia la necessità che su tale questione si sia formato il contraddittorio nelle fasi di merito precedenti quella di rinvio, al qual fine è peraltro sufficiente anche la formulazione dell’eccezione con cui, per contrastare la domanda di riconoscimento del diritto di utilizzazione dell’area, si sia dedotta, benché in subordine, la mancata offerta del corrispettivo da parte degli acquirenti, non rilevando in contrario che in sede di gravame (come pure nel giudizio di rinvio) la medesima deduzione sia stata posta a base di una domanda di condanna degli acquirenti al pagamento del prezzo delle aree, inammissibile perché nuova.
* Cass. civ., sez. II, 10 aprile 1996, n. 3290, Soc. Edilizia Crisa c. Baldassarri.
Se un condomino conviene in giudizio l’amministratore del condominio per accertare la nullità di una delibera condominiale avente ad oggetto l’utilizzazione a parcheggio per i condomini di un’area di sua proprietà esclusiva, l’amministratore – la cui legittimazione passiva, ai sensi dell’art. 1131 secondo comma c.c., non incontra limiti, anche per le azioni reali concernenti parti comuni dell’edificio – può impugnare la sentenza sfavorevole al condominio ed invocare l’esistenza del vincolo di destinazione ai sensi dell’art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765.
* Cass. civ., sez. II, 11 agosto 1997, n. 7474, Frascino c. Cond. Via Iannelli 190, Napoli.
La violazione o l’elusione, in un contratto di vendita immobiliare, del vincolo pubblicistico di destinazione a parcheggio degli spazi da utilizzare per tale scopo, di cui all’art. 41 sexies L. 1150/1942 e art. 9 L. 122/1989, rende nulle le clausole che hanno tale effetto, ma non anche l’intero negozio, sicché il trasferimento del bene resta valido ed efficace, ma all’acquirente compete il diritto di ottenere il trasferimento anche della relativa pertinenza, verso il pagamento di un ulteriore specifico compenso.
* Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 2000, n. 13827, Novario A. ed altri c. Falcone, in Arch. loc. e cond. 2001, 225.
L’art. 41 sexies della L. 17 agosto 1942, n. 1150 stabilisce solo misure quantitative per la determinazione degli spazi da destinare a parcheggi, senza statuire alcuna formalità in ordine alla localizzazione delle aree da asservire a tale scopo, ragion per cui i parcheggi possono essere localizzati sia in luoghi interrati dell’edificio, sia al suo piano terreno, sia in aree esterne, anche se non strettamente adiacenti.
* Cons. Stato, sez. IV, 3 febbraio 1992, n. 140, in Giur. it. 1992, III, 1, 560.
t) Violenza privata
Integra il reato di violenza privata (art. 610 c.p.) la condotta di colui che, avendo parcheggiato l’auto in maniera da ostruire l’ingresso al garage condominiale, si rifiuti di rimuoverla nonostante la richiesta della persona offesa.
* Cass. pen., sez. V, 12 gennaio 2012, n. 603 (ud. 18 novembre 2011), Lombardo, in Arch. giur. circ. n. 11/2012.
È configurabile il delitto di violenza privata nella condotta di chi parcheggia la propria autovettura all’interno di cortile condominiale in modo tale da impedire alla parte offesa di muoversi.
* Cass. pen., sez. V, 28 febbraio 2011, n. 7592 (ud. 1 febbraio 2011), Marchetti, in Arch. giur. circ. n. 10/2011.