In materia condominiale, il regolamento di condominio o anche una deliberazione organizzativa, non possono validamente disporre l’assegnazione nominativa, in via esclusiva e per un tempo indefinito, a favore di singoli condomini di posti fissi nel cortile comune per il parcheggio della loro autovettura. Tale assegnazione parziale, da un lato, sottrae ad alcuni condomini l’utilizzazione del bene a tutti comune ex art. 1117 c.c. e, dall’altro, crea i presupposti per l’acquisto da parte del condomino, che usi la cosa comune “animo domini”, della relativa proprietà a titolo di usucapione, attraverso l’esercizio del possesso esclusivo dell’area.

1.Premessa.

Il caso esaminato da Cass. Civ., Sez. II, 21 marzo 2022, n. 9069 riguarda la portata applicativa di due delibere (del maggio 2004 e del giugno 2005) con cui l’assemblea aveva stabilito l’assegnazione individuale e nominativa dei posti auto compresi nell’area del condominio adibita a parcheggio, secondo quanto disposto dal regolamento condominiale, in favore solo di alcuni condomini (proprietari di unità abitative). In tal modo si escludevano i proprietari dei locali commerciali siti in condominio dalla possibilità di utilizzare il cortile condominiale al fine di parcheggiare le proprie autovetture.

La questione in esame, tuttavia, ha fornito l’occasione per la Suprema Corte per specificare alcuni principi in materia condominiale di notevole importanza.

La sentenza, infatti ha analizzato il perimetro operativo del regolamento condominiale, la disciplina codicistica dell’uso della cosa comune richiamando, sul punto, anche la più recente giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite (Cass. Civ., Sez. Un. 17 dicembre 2020, n.  28972) sull’inammissibilità di un diritto reale d’uso esclusivo della res comune.

L’aspetto problematico sottoposto all’attenzione della Seconda Sezione Civile della Cassazione riguardava, dunque, la possibilità di incidere, tramite un regolamento “interno” o mediante una semplice delibera assembleare, in maniera sostanziale sui diritti dei condomini, prevedendo dei diritti d’uso esclusivo del cortile condominiale volti al parcheggio dell’autovettura.

2.Regolamento condominiale e uso della cosa comune.

Al fine di comprendere la soluzione prospettata dalla Suprema Corte nel caso di specie, è opportuno effettuare alcune precisazioni con riferimento al tema del regolamento condominiale e dell’uso della cosa comune.

Come è noto, si suole distinguere fra regolamento di condominio “convenzionale” e “maggioritario”. Quest’ultima espressione va riferita all’atto adottato a maggioranza dall’assemblea e che contiene norme circa l’uso delle cose comuni, la ripartizione delle spese, le norme a tutela del decoro architettonico dell’edificio e quelle sull’amministrazione (art. 1138 c.c.). Si tratta, in altri termini, di un atto collegiale di autorganizzazione, di natura normativa, formato dalla volontà della maggioranza dei condomini.

È evidente che, avendo il regolamento in esame la stessa anima delle delibere assembleari, esso ne condivida gli stessi limiti. Ne consegue che con tali regolamenti è possibile organizzare le modalità d’uso della cosa comune e la gestione dei servizi condominiali, ma non è consentito incidere negativamente sui diritti dei singoli condomini e sulle unità di loro proprietà esclusiva.

In considerazione di queste premesse occorre soffermarsi sulla disciplina codicistica del godimento della cosa comune.

Quest’ultima, infatti, si rinviene nell’art. 1102 c.c., ai sensi del quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa; il partecipante, tuttavia, non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.

Trattasi, dunque, di previsione dettata in tema di comunione ordinaria ma che pacificamente trova applicazione in materia condominiale, in forza del rinvio contenuto all’art. 1139 c.c.

È pacifico che le aree destinate a parcheggio, come possono esserlo i cortili condominiali, rientrano fra le parti comuni dell’edificio ai sensi dell’art. 1117 co 1 n. 2 c.c. e sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo.

Sul punto, infatti, la sentenza in esame specifica che i cortili, ovvero qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti o sia destinata a spazi verdi, zone di rispetto, parcheggio di autovetture, sono ricompresi dall’art. 1117, n. 1, c.c., fra le parti condominiali dell’edificio necessarie all’uso comune, salvo che non risulti il contrario dal titolo. I cortili sono poi oggetti di contitolarità, ex art. 1117 c.c., anche in favore dei proprietari di locali terranei.

Gli artt. 1102 e 1117 c.c. costituiscono norme generali che, non essendo menzionate nell’elenco di cui all’art. 1138 c.c., hanno natura non inderogabile. Ne consegue, pertanto, che i limiti all’uso o al godimento possono essere resi anche più rigorosi dal regolamento condominiale o da delibere assembleari dotate del quorum previsto dalla legge (fermo restando il divieto di impedire a singoli condomini, in via generalizzata, l’utilizzazione delle parti comuni).

3.Ripartizione dei posti auto condominiali: la soluzione della Suprema Corte

L’elasticità che caratterizza l’art. 1102 c.c., permette l’intervento dei condomini al fine di disciplinare al meglio l’utilizzo delle res comuni.

Non mancano, infatti, esempi di regolamenti o deliberazioni assembleari che introducono delle regole per un migliore e più ragionevole utilizzo del cortile condominiale, soprattutto in tema di parcheggi. Come spesso accade, infatti, la dimensione del cortile non permette una sosta simultanea di tutte le vetture di proprietà dei condomini. Ne discende che possono prospettarsi delle soluzioni che contemperino gli opposti interessi, anche arrivando a disciplinare un uso turnario del bene comune.

L’assemblea condominiale, in altri termini, ha la possibilità di regolare situazioni caratterizzate da un uso più intenso, frazionato oppure turnario della cosa comune.

L’uso più intenso del bene condominiale è ammesso anche in assenza di un’autorizzazione dell’assemblea e consiste nel diritto di trarre dal bene un’utilità più intensa o anche semplicemente diversa da quella ricavata in concreto dagli altri comproprietari, purchè non ne venga alterata la destinazione o compromesso il diritto al pari uso. L’uso turnario, invece, viene stabilito in caso di incapienza dei beni (come spesso accade con riferimento ai posti auto condominiali). L’uso frazionato, infine, può essere consentito per accordo fra condomini solo se l’utilizzazione concessa rispetti i limiti di cui all’art. 1102 c.c.

La Suprema Corte, nella sentenza in commento, ha precisato, inoltre, che la pattuizione avente ad oggetto l’attribuzione del diritto reale d’uso esclusivo su una porzione del cortile condominiale va qualificata come traslativa della proprietà sulla porzione stessa o come costitutiva di un diritto reale d’uso o come concessione di un uso di natura obbligatoria (Cass. Sez. Unite, 17 dicembre 2020 n. 28972). Il diritto reale d’uso esclusivo della cosa comune, infatti, è precluso dall’operatività del principio del numerus clausus dei diritti reali e dallo stesso art. 1102 c.c. giacché determinerebbe (non una limitazione) uno svuotamento sostanziale del diritto di pari uso degli altri condomini.

Alla luce di queste considerazioni, va sottolineato che la Suprema Corte con la sentenza n. 9069/2022 ha ribadito quanto espresso dalla consolidata giurisprudenza di legittimità ossia che è consentito all’assemblea, nell’ambito del potere di regolamentazione dell’uso delle cose comuni ad essa spettante e con delibera approvata con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell’art. 1136 c.c., individuare all’interno del cortile condominiale i singoli posti auto di cui possano fruire i singoli partecipanti, al fine di rendere più ordinato e razionale il godimento paritario, ovvero, allorché sia impossibile il godimento simultaneo in favore di tutti i comproprietari, prevedere il godimento turnario del bene.

Va evidenziato che una delibera così connotata riveste una funzione meramente organizzativa circa la gestione delle cose comuni in condominio, senza incidere, menomandoli, sui diritti dei singoli condomini di godere e disporre delle stesse.

Così chiariti i contorni normativi entro cui muoversi, è agevole comprendere la soluzione prospettata dalla Suprema Corte secondo cui bisogna distinguere due fattispecie: l’assegnazione di posti auto in favore di singoli condomini in via esclusiva e per un tempo indefinito da un lato, e, dall’altro, la disciplina delle modalità di gestione e godimento dei parcheggi delle auto nel cortile condominiale.

Per realizzare la prima, pertanto, non sarà sufficiente una deliberazione presa a maggioranza dai condomini, ma sarà necessaria l’unanimità ossia un accordo che vincoli tutti i partecipanti, nessuno escluso. In altri termini occorrerà una delibera approvata dall’intera compagine condominiale oppure un regolamento “convenzionale” che è opponibile ai successivi acquirenti delle unità immobiliari solo se questi vi abbiano espressamente e consapevolmente aderito o se il vincolo sia stato trascritto nei registri immobiliari (Cass. n. 21024/2016).

La regolamentazione dell’uso della cosa comune al fine di gestire i posti auto, in assenza di unanimità, deve seguire il principio della parità di godimento fra tutti i condomini stabilito dall’art. 1102 c.c., il quale impedisce che possa riconoscersi soltanto ad alcuni il diritto di usare esclusivamente un certo bene.

La delibera assembleare, in definitiva, non può assegnare in modo esclusivo e perpetuo a singoli condomini l’uso esclusivo di posti auto fissi nel cortile, né trasformare la destinazione del bene comune o rendere inservibili anche all’uso di un solo condomino le parti comuni.

4.Conclusioni.

Con la sentenza in commento la Suprema Corte ha ribadito importanti principi relativi all’uso e alla gestione della cosa comune. La pronuncia lascia trasparire la distinzione fra regolamento “convenzionale” e regolamento “assembleare” o “maggioritario” di condominio, evidenziando la diversa portata applicativa delle relative clausole.

Solo nel primo caso è possibile incidere negativamente sui diritti dei singoli condomini che accettano le relative menomazioni. Va sottolineato che né il regolamento di condominio “in senso proprio” né una deliberazione organizzativa approvata dall’assemblea possono disporre, come nel caso di specie, l’assegnazione in via esclusiva e perpetua a favore di alcuni condomini di posti fissi nel cortile comune per il parcheggio della loro autovettura. Ciò deriva dalla circostanza che tale assegnazione sottrae ad altri condomini l’utilizzazione della res comune (ex art. 1117 c.c.) e crea i presupposti per i beneficiari di acquistare la proprietà di tali beni mediante l’istituto dell’usucapione.