Chiunque risieda in un condominio è consapevole di come il rendiconto rappresenti il fulcro dell’attività di gestione e amministrazione del condominio.
Prima della legge n° 220 del 2012, il codice civile stabiliva genericamente che l’amministratore doveva riscuotere i contributi ed erogare le spese, senza prevedere particolari modalità di redazione e preparazione del bilancio.
Tuttavia, la giurisprudenza aveva affermato che, benché non fosse necessaria la presentazione all’assemblea di una contabilità rigorosa, questa doveva comunque essere idonea a rendere intelligibile ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le relative quote di ripartizione.
Era quindi necessario che dall’analisi della documentazione presentata dall’amministratore, i condomini potessero trarre la prova della quantità/qualità delle somme incassate, dell’entità causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi che consentissero di vagliare le modalità con cui l’incarico era stato eseguito e di stabilire se l’operato di chi rendeva il conto fosse stato adeguato ai criteri e ai doveri di buona amministrazione (ex multis: Cass. 21/01/2007, n°1404; Cass. 7/07/2000, n° 9099; Cass. 30/12/1997, n°13100).
Come è noto, la novella del 2012, ha introdotto l’art. 1130 bis, recante rubrica “Rendiconto condominiale”, con la finalità di rendere più trasparente la gestione dei denari condominiali.
Il legislatore del 2012 ha, infatti, previsto precisi obblighi posti in capo all’amministratore per la gestione del bilancio, criteri per la redazione del rendiconto e sanzioni specifiche per la non corretta gestione del bilancio condominiale, inoltre si è imposto all’amministratore di fare transitare sul conto corrente condominiale tutte le somme incassate o erogate dal Condominio: il previsto tracciamento degli incassi e delle spese, deve consentire ai condomini la verifica dell’utilizzo dei denari condominiali, incrociando il documento riassuntivo delle spese e/o degli incassi, con l’esame dell’estratto conto del conto corrente condominiale; così facendo, si è inteso anche limitare la circolazione di denaro contante all’interno della compagine condominiale, sempre ai fini di una maggiore trasparenza.
L’articolo 1130 bis c.c., prescrive come debba essere predisposto il rendiconto condominiale e di quali voci deve essere composto, avendo cura di precisare che tali voci devono essere espresse in maniera da “consentire l’immediata verifica” ai condomini.
Ordunque, il rendiconto condominiale si compone delle voci di entrata e di uscita e di ogni altro dato inerente la situazione patrimoniale del condominio, i fondi disponibili e le eventuali riserve.
La norma in questione prescrive anche che il rendiconto condominiale si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione dei rapporti in corso e delle questioni pendenti.
La finalità di questi criteri è di obbligare l’Amministratore alla redazione di un documento atto a fornire ai condomini un’indicazione chiara e completa della gestione contabile e finanziaria del condominio, ma anche della situazione patrimoniale.
Nel caso paradigmatico affrontato dal Tribunale di Bologna nella sentenza che qui si commenta, l’assoluta inintelligibilità del documento contabile condominiale risultava strettamente collegata ad una gestione amministrativa e finanziaria del condominio sottratta di fatto al controllo e al vaglio dell’assemblea condominiale.
La sentenza che qui si commenta riporta anche statuizioni di natura processuale.
Approvazione di rendiconto caotico e mala gestio del condomino-amministratore: la vicenda
Quanto al merito, il problema dell’illegittimità del rendiconto condominiale, di cui si doleva il condomino attore, non era invero questione meramente contabile-formale, ma traeva origine da una gestione dissennata e opaca dell’amministratore, in cui buona parte delle decisioni di spesa del denaro condominiale avveniva fuori dalla sede deputata, ossia il consesso condominiale, così come incarichi a imprese e professionisti, che spesso venivano affidati motu proprio dall’amministratore, in accordo ad una ristretta cerchia di condomini fidati che facevano le veci di segreteria di ufficio.
Il caso deciso dal Tribunale di Bologna quindi rappresenta l’epilogo di una vera e propria battaglia per la trasparenza intrapresa da un singolo condomino nei confronti dell’amministratore condominiale – che per inciso era anche condomino – in carica da oltre trentacinque anni e che difendeva strenuamente la propria gestione a colpi di avvisi affissi in bacheca e raccolta firme contro il condomino “ribelle”, come risulta dagli atti di causa.
Va tenuto in considerazione che l’edificio condominiale di cui si tratta, si compone di ben 72 appartamenti, in cui molti condomini risiedevano da quasi trenta anni, con un bilancio annuale di circa 80 mila euro.
Così tratteggiata la particolarità del caso concreto, andiamo ad esaminare le doglianze del condomino attore, in relazione alle criticità del rendiconto condominiale approvato dal Condominio convenuto, come sottoposte al vaglio del giudice del Tribunale di Bologna.
Alcuni servizi comuni condominiali erano autogestiti da alcuni condomini (come la pulizia del giardino o delle scale), che se ne occupavano direttamente, ricevendo in cambio una sorta di rimborso o sconto sulle rate condominiali, tali importi però confluivano confusamente nel rendiconto non rendendoli verificabili, larga parte delle rate condominiali veniva incassate in contanti dall’amministratore o dalla sua segretaria o dai consiglieri, veniva così tenuta una cassa contanti molto ingente, il rendiconto non recava indicazioni precise sulle posizioni creditorie/debitorie di ciascun condomino rispetto al versamento integrale degli oneri condominiali, in pratica, ogni esercizio condominiale ripartiva con i saldi a zero per ciascun condomino, come se tutti avessero pagato regolarmente e integralmente gli oneri condominiali annuali.
Questo ovviamente non corrispondeva alla realtà, ma poiché i debiti dei condomini morosi non venivano riportati nel rendiconto, il debito complessivo dei condomini morosi, al termine dell’anno veniva ripartito tra tutti i condomini, confluendo indistintamente nella confusa rendicontazione contabile condominiale.
Erano previsti due fondi di accantonamento straordinari che venivano alimentati ogni anno per oltre trenta mila euro, in misura costante, a prescindere da preventivi di spesa di lavori straordinari: in pratica, ogni esercizio condominiale, l’amministratore chiedeva ai condomini di versare, insieme alle rate ordinarie, ulteriori denari per alimentare questi due fondi speciali.
L’utilizzo di questi fondi non era verificabile dal rendiconto, una parte veniva spesa per lavori di manutenzione straordinaria, ma il residuo non impiegato, si perdeva nei meandri della contabilità inintelligibile.
Allegato all’atto di citazione, veniva prodotta una relazione tecnica contabile che accertava contabilmente le carenze del rendiconto impugnato.
In sede istruttoria veniva disposta consulenza tecnica contabile che pacificamente accertava la fondatezza delle doglianze del condomino attore.
Alla Consulente del Tribunale veniva anche chiesto di tentare la conciliazione tra le parti: l’attore formulava le proprie richieste per conciliare la vertenza che cadevano nel vuoto.
Nel periodo intercorrente tra l’invio della bozza della consulenza alle parti e il deposito della relazione definitiva agli atti del processo, (trenta giorni) accadeva un fatto fuori dal giudizio che determinava, in sentenza, la condanna del condominio a pagare all’attore una somma equitativamente determinata per responsabile processuale aggravata, a’ termini dell’art. 96 codice di rito.
Come detto, dopo l’invio ai difensori delle parti della bozza della relazione tecnica contabile sul rendiconto condominiale, l’amministratore convocava una assemblea condominiale straordinaria in cui, alla presenza del consulente contabile del condominio, sottoponeva ai condomini lo stesso rendiconto oggetto di causa, rielaborato insieme al consulente del condominio per renderlo conforme alla legge del 2012 – si leggeva nell’ordine del giorno – da valersi in sostituzione di quello impugnato e da intendersi come unica stesura del rendiconto in parola.
Veniva così dichiarato ai condomini che il rendiconto oggetto di causa era già stato verificato dal consulente del condominio, che tutto quadrava al centesimo e che quindi la causa sarebbe stata vinta dal condominio; le uniche problematiche erano di natura formale, perché il rendiconto impugnato non rispettava pienamente le prescrizioni della legge del 2012.
Nonostante le perplessità di alcuni condomini e la vivace protesta del condomino attore, questa rielaborazione del rendiconto veniva così deliberata.
Un ultimo, disperato, quanto vano tentativo dell’amministratore di ostacolare il corso dell’accertamento giudiziale.
L’attore, insieme ad altri condomini questa volta, impugnavano anche tale delibera di approvazione di un rendiconto illegittimo, perché già accertato come contrario ai dettami previsti dall’art.1130 bis. c.c.
L’avviso di convocazione, il verbale dell’assemblea straordinaria suddetta, il rendiconto rielaborato e l’istanza di mediazione di avvio dell’impugnazione della delibera di approvazione del rendiconto rielaborato, unitamente alla dichiarazione di protesta del condomino attore, venivano allegati agli atti di causa dal difensore dell’attore.
Pochi mesi prima del deposito della sentenza definitiva, l’amministratore si dimetteva.
Esaurito l’iter processuale, insistendo nella propria richiesta di annullamento della deliberazione di approvazione del rendiconto oggetto di consulenza tecnica contabile, la difesa dell’attore chiedeva anche la condanna del condominio per responsabilità aggravata, ex art. 96, c.p.c., per avere agito in mala fede nel corso del giudizio.
La difesa del condominio, invece, sollevava una improbabile eccezione di sospensione della causa, in attesa che venisse definita la controversia recentemente promossa da altri condomini, di impugnazione della versione rielaborata del rendiconto contestato.
Un estremo tentativo di bloccare l’iter processuale, sulla base dello stravolgimento manifesto delle ragioni che possono eccezionalmente condurre alla sospensione della causa, a’ termini dell’art. 295 c.p.c., rappresentate nella pregiudizialità dell’esito di una causa rispetto alla successiva.
Approvazione di rendiconto caotico e mala gestio del condomino-amministratore: la decisione
Con la sentenza n. 939/2019, il Tribunale di Bologna, richiamando le risultanze della consulenza tecnica, dichiarava pacificamente fondata la domanda del condomino attore.
Per quanto interessa, dichiarava inammissibile l’istanza di sospensione sollevata dalla difesa del condominio, posto che la causa in attesa dell’esito della quale era stata chiesta la sospensione, era stata promossa molto tempo dopo quella decisa dal Tribunale.
Nel merito, veniva annullata la delibera di approvazione del rendiconto condominiale, sulla base di un quadro obiettivamente oscuro e caotico della gestione dei denari condominiali e della evidente mala gestio finanziaria dell’amministratore.
Richiamando le conclusioni della perizia contabile, si affermava che il rendiconto condominiale era privo di tutti i documenti indicati nell’art.1130 bis c.c.; era privo delle indicazioni relative alle voci di entrata e di spesa, di quelle inerenti la situazione patrimoniale, dei fondi disponibili e delle riserve; inoltre, non era redatto in maniera da consentirne la verifica.
Per l’effetto, si condannava il condominio convenuto a rifare il rendiconto annullato, secondo i criteri di chiarezza e trasparenza previsti dalla legge, in modo da renderlo verificabile dai condomini.
Il Tribunale di Bologna, in ossequio al principio della soccombenza, condannava il condominio a rifondere al condomino attore tutte le spese di causa, oltre al compenso pagato al consulente di parte e a quello dell’ufficio.
Quanto alla condotta dell’amministratore, il Giudice, nello stigmatizzarla, affermava che aveva indotto i condomini ad approvare una rielaborazione pretestuosa del rendiconto oggetto di causa, mediante una falsa rappresentazione della realtà processuale, tacendo i risultati inequivocabili della relazione peritale del consulente dell’ufficio già in possesso dell’amministratore al momento della suddetta assemblea straordinaria.
La condotta censurata dell’amministratore aveva avuto come ulteriore pregiudizievole conseguenza quella di avere costretto alcuni condomini ad incardinare una seconda controversia, per l’impugnazione del rendiconto rielaborato illegittimamente, con inutile aggravio dell’economia processuale.
Per l’effetto, il Tribunale di Bologna condannava il condominio convenuto per la condotta processuale scorretta dell’amministratore, a pagare all’attore una somma simbolica.