Una recentissima pronuncia di legittimità (Cass.civ. sez. II  9.10.2023 n. 28257) affronta in maniera due temi molto sentiti in tema di rendiconto condominiale, dando finalmente certezza a fronte di una giurisprudenza di merito talvolta oscillante sulla forma e fornendo talune interessanti indicazioni anche in ordine alla vexata quaestio dell’alternativa fra criterio di cassa e criterio di competenza.

Sulla forma – La Suprema Corte da diversi decenni afferma che il rendiconto condominiale non sottostà alle rigide regole formalistiche previste  dal codice in tema di bilanci societari e assolve al proprio scopo, indipendentemente dalla sua forma, quando è idoneo ad assicurare l’interesse di ciascun condomino alla conoscenza concreta dei reali elementi contabili (ex multis Cass.civ. sez. II  7.7.2000 n. 9099Cass.civ. sez. VI-2 18.1.2023 n. 1370).

Si è osservato in particolare che l’obbligo di rendiconto, che incombe in capo all’amministratore, deve ritenersi legittimamente adempiuto quando il mandatario abbia fornito adeguata prova attraverso i necessari documenti giustificativi sia delle somme incassate che dell’ entità e della causa delle spese, nonché di tutti gli elementi di fatto funzionali alla individuazione ed al vaglio delle modalità di esecuzione della gestione, così che il documento assolve sia al compito di informare i condomini sull’assetto economico e patrimoniale delle spese relative ai beni e servizi comuni, sia a quello di consentire la verifica dell’operato dell’amministratore secondo criteri di buona amministrazione (Cass. civ. VI 17.1.2019 n. 1186, Cass. Sez. 1, 23/04/1998, n. 4203Cass. Sez. 3, 14/11/2012, n. 19991).

Su tale impianto interpretativo si è inserita al novella introdotta dalla L.220/2012 che, nell’art. 1130 bis c.c., ha espressamente individuato i documenti di cui deve essere composto il rendiconto condominiale; previsione che compone un articolato normativo  (art. 1129 comma VIIl c.c.,  art. 1130 n. 9 c.c; art. 1130 bis comma I c.c.) con il quale il legislatore ha inteso fornire ai condomini strumenti di verifica e controllo incrociato (sul conto corrente condominiale, i documenti giustificativi, le liti in corso, ivi comprese le azioni esecutive verso i morosi), anche in corso di gestione, volti ad una sempre maggior trasparenza.

La precisa individuazione compiuta dall’art. 1130 bis c.c.  della consistenza documentale del rendiconto ha indotto ad interpretazioni discordanti nella giurisprudenza di merito, pur rimanendo quella di legittimità – anche successivamente alla riforma – conforme al proprio orientamento consolidato sulla valenza teleologica più che formale del documento contabile condominiale, anche se sul punto non si rivenivano, sino ad oggi, pronunce  dal contenuto così tranchant sul tema specifico.

La giurisprudenza di merito mostra cospicue oscillazioni: da un lato sussiste  visione ancorata al dato sostanziale, così che la non completa conformità del rendiconto condominiale ai parametri previsti dall’art. 1130 bis c.c. deve comunque essere valutata unitamente alla sua idoneità ad assolvere alla funzione di rendere edotti i condomini sulle poste attive e passive della gestione e sulle spese di cui sono chiamati a farsi carico( (Trib. Massa 29.6.2020 n. 285), con la conseguenza che l’eventuale non perfetta rispondenza al parametro legislativo deve ritenersi  motivo di annullabilità della relativa  delibera solo ove impedisca ai condomini di esprimere un voto cosciente e meditato (Trib. Napoli sez. IV, 30/05/2023, n.5581,  Trib. Genova 17.5.2021 n. 1131, 940, Trib. Roma 9.7.2020 n. 10015). Dall’altra sussiste orientamento totalmente formale, che ritiene che anche la mancanza di uno solo dei requisiti di cui all’art. 1130 bis c.c. comporti vizio del rendiconto, a prescindere dal dato sostanziale sottostante (di recente App. Palermo 5.9.2023 n. 1514, con nota Ginesi “Rendiconto condominiale: una rigida e proco condivisibile interpretazione formalistica” in “diritto e pratica condominiale 19.10.2023; Trib. Busto Arsizio sez. III, 03/02/2023, n.152), con talune posizioni intermedie che inferiscono dalla mancata rispondenza al dettato della norma codicistica una presunzione di inidoneità del documento contabile ad assolvere ai propri compiti (Trib. Roma 28.8.2023, Trib. Roma sez. V, 03/04/2023, n.5342; in dottrina, per ampia disamina sulle caratteristiche del rendiconto, Scalettaris “Alcune riflessioni sul rendiconto condominiale: i documenti che lo compongono, il principio di cassa, la continuità della gestione per disamina più generale sul rendiconto”, Condominio e locazione, giuffrè 25.5.2023)

Appare allora assai interessante la pronuncia della Suprema Corte in commento che, in continuità con i propri orientamenti, traccia finalmente un discrimine netto in ordine alla forma del rendiconto e alla sua incidenza sulla validità del documento, dando prevalenza alla sostanza con chiarissima e lucida analisi: ricorda la Corte che per la validità della deliberazione di approvazione del rendiconto condominiale non è dunque necessaria la presentazione  all’assemblea di una contabilità redatta con rigorose forme, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società ma è sufficiente che il documento contabile sia idoneo a rendere intelligibili ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione; a tal fine, sottolineano i Giudici di legittimità, gli elementi individuati dall’art. 1130 bis c.c. devono ritenersi ispirati dallo scopo di realizzare l’interesse del condomino a una conoscenza concreta dei reali elementi contabili ivi recati dal bilancio, e sono, quindi, orientati dall’esigenza di informazione dei partecipanti, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di chiarezza in ordine ai dati del conto, e consentire in assemblea l’espressione di un voto cosciente e meditato. A tal fine, con affermazione inequivocabile, la Cassazione osserva che deve ritenersi operante il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, che costituisce una specificazione del principio della correttezza e veridicità dell’informazione contabile e del principio di chiarezza.

A tal proposito l’eventuale incompletezza formale può ritenersi non esiziale se quei principi sono soddisfatti anche da dati e informazioni provenienti aliunde, quali i chiarimenti forniti dall’amministratore in assemblea, se adeguati a far venire meno l’interesse del condomino, che li abbia chiesti e ottenuti, a eventuali impugnative della deliberazione di approvazione del rendiconto in relazione ai punti oggetto dei chiarimenti, poiché sono volti allo scopo di realizzare l’interesse del condomino a una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio, e sono, quindi, determinanti quanto all’esigenza di informazione dei partecipanti, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di chiarezza in ordine ai dati del conto, e consentire in assemblea l’espressione di un voto cosciente e meditato: osserva ancora la Corte che la rilevazione e la presentazione delle voci va effettuata tenendo conto della sostanza dell’operazione (in tal senso, in dottrina Scarpa “il condominio negli edifici, a cura di Celeste- Scarpa, Milano 2017 pagg. 626 e s.s.)

Sul principio di cassa o competenza – Su tale profilo Corte fornisce risposte più sfumate, limitandosi a rilevare che il giudice di merito, con giudizio insindacabile  in cassazione, ha ritenuto il rendiconto oggetto di contestazione idoneo ad integrare quei requisiti di informazione, chiarezza e trasparenza riguardo alla gestione dell’esercizio annuale che sono sopra stati richiamati.

Tuttavia, nel principio di diritto enunciato, laddove si afferma che “ il rendiconto condominiale, a norma dell’art. 1130-bis c.c., deve specificare nel registro di contabilità le «voci di entrata e di uscita», documentando gli incassi e i pagamenti eseguiti, in rapporto ai movimenti di numerario ed alle relative manifestazioni finanziarie, nonché, nel riepilogo finanziario e nella nota sintetica esplicativa della gestione, «ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio», con indicazione «anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti», avendo riguardo al risultato economico delle operazioni riferibili all’esercizio annuale, che è determinato dalla differenza tra ricavi e costi maturati” si deve cogliere, sulla scorta del mero riferimento alla computazione di entrate ed uscite su base annuale, un netto richiamo al principio di cassa quale criterio informatore della gestione e contabilità condominiale (cui peraltro  la Corte di legittimità aveva già fatto netto riferimento nella pronuncia 8.9.2023 n. 26188).

Tuttavia, nel secondo inciso del principio di diritto enunciato dai supremi Giudici, pare emergere una prevalenza, anche sotto tale profilo, del dato sostanziale, così che la mera violazione di tale criterio non possa ritenersi dirimente, ove la valutazione di merito consenta di ritenere di fatto insussistente “una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione della situazione patrimoniale del condominio, e quelli di cui il bilancio invece dà conto”.

La disputa sul principio finanziario applicabile al rendiconto condominiale è da molti anni fonte di accesi dibattiti in dottrina (per ampia disamina Merello, “Compete alla «discrezionalità» dell’amministratore professionista di condominio adottare il principio di cassa o di competenza”, in diritto e pratica condominiale, 6.9.2023; nello stesso senso Terzago, Il Condominio, a cura di terzago, Celeste, Salciarini, Milano 2022, pag 440) così come nella giurisprudenza di merito, ove a fronte di orientamento maggioritario in favore del criterio di cassa (Trib. Roma sez.V 13.11.2019 n. 21802, Chiesi “La redazione del rendiconto condominiale: una chimera, tra criterio di competenza, principio di cassa e sistema misto” in Ius Condominio e Locazione, 13.10.2020, ), non mancano pronunce che indicano nel bilancio per competenza il criterio più corretto (Trib. Potenza, 29.6.2023 n. 843, con nota di Plagenza “Rendiconto condominiale, il Tribunale di Potenza si pronuncia per l’applicazione del criterio di competenza”, in NT plus 4.7.2023),   talune fanno riferimento ad un criterio misto, soluzione forse più in linea con la gestione condominiale, in quanto strumento che maggiormente consente di soddisfare quelle esigenze di chiarezza, intelligibilità e trasparenza che, ancora una volta, la Suprema Corte ha richiamato anche nella pronuncia in commento, mostrando di di privilegiare – aldilà dei criteri e della forma – il fine ultimo cui il rendiconto condominiale è volto, ossia la corretta e compiuta informazione dei condomini.