La gestione delle casse condominiali è una delle principali attribuzioni dell’amministratore di condominio il quale è responsabile della situazione finanziaria e della regolare tenuta dei registri condominiali.
Tramite il rendiconto condominiale, che è il documento che contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, l’amministratore rende conto della propria gestione.
Quando l’amministratore di condominio si appropria di somme di denaro versate dai condòmini, usandole per scopi personali e comunque diversi da quelli definiti dal mandato ricevuto, va incontro a responsabilità penale.
Si parla, infatti, di ammanchi di cassa che quando risultano ingiustificabili, sono direttamente imputabili all’amministratore di condominio.
Il Condominio, dunque, non solo potrà sporgere denuncia querela contro l’amministratore, ma potrà anche agire civilmente per recuperare il proprio credito. Non sempre l’esecuzione nei confronti dell’amministratore avrà esito positivo poiché questi potrà far sparire il proprio patrimonio, in frode ai creditori.
Ecco che si renderà necessaria l’azione revocatoria mediante la quale il creditore (il Condominio) potrà rendere inefficaci gli atti di disposizione compiuti dal debitore (l’amministratore di condominio) quali ad esempio una donazione compiuta per impedire ai creditori di soddisfarsi sul suo patrimonio.
La fattispecie è stata di recente affrontata dalla Corte d’Appello di Torino, con la sentenza n. 950 del 6 settembre 2022.
Ammanchi di cassa e atti di disposizione patrimoniale da parte dell’amministratore di condominio in frode ai creditori. La vicenda
Un Condominio di Torino, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale l’amministratore e il di lui figlio per sentire dichiarare nullo o, in ogni caso, inefficace nei propri confronti, ex art. 2901 cod. civ., l’atto con cui l’amministratore aveva donato al figlio la quota del 50% di un immobile di proprietà.
Sosteneva il Condominio che durante la gestione dell’amministratore convenuto, il conto corrente condominiale aveva subito un depauperamento privo di giustificazione. In particolare, il conto risultava scoperto ed il Condominio risultava debitore nei confronti di alcuni fornitori di una cospicua somma nonostante i condòmini avessero corrisposto all’amministratore, per il pagamento delle spese condominiali e di riscaldamento, una somma ben più alta di quanto dovuto ai fornitori.
Poiché a fronte dei citati versamenti da parte dei condòmini, l’amministratore non aveva saputo spiegare il mancato pagamento dei fornitori né aveva presentato il rendiconto, il Condominio aveva sporto denuncia querela nei suoi confronti ed il procedimento penale era in corso.
In tale contesto debitorio, l’azione revocatoria si era resa necessaria a fronte della donazione compiuta dall’amministratore nei confronti del proprio figlio del 50% dell’immobile di proprietà, donazione la quale, costituendo atto diretto a frodare i creditori, impediva loro o limitava la possibilità di soddisfarsi sul patrimonio del donante.
Si costituivano in giudizio i convenuti sostenendo entrambi che la donazione effettuata da padre a figlio non costituiva atto di liberalità, bensì adempimento di un debito scaduto e come tale non revocabile.
All’esito di istruttoria, il Tribunale accoglieva la domanda del Condominio dichiarando inefficace nei suoi confronti l’atto di donazione compiuto dall’amministratore a favore del figlio.
Avverso la sentenza, i convenuti interponevano separati appelli chiedendo la reiezione delle domande proposte nei loro confronti nel giudizio di primo grado.
La Corte d’Appello di Torino, con la sentenza in esame, ha rigettato gli appelli proposti confermando la sentenza di primo grado, ritenendo sussistenti i presupposti dell’azione revocatoria.