A distanza di sette anni, una condòmina impugna una delibera assembleare, adottata a maggioranza nel gennaio del 1994, con la quale era stato autorizzato il distacco del Condominio dall’impianto di riscaldamento centralizzato. In conseguenza della declaratoria di invalidità, l’attrice chiede la condanna del Condominio ad attuare quanto necessario per il riallaccio al servizio comune.

A fondamento dell’impugnazione, viene dedotta la nullità della delibera sia per contrasto con il regolamento condominiale, che prevedeva il divieto di rinuncia ai servizi comuni, sia per avere sottratto i beni comuni alla loro destinazione, rendendoli inservibili.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24976/2022, in riforma della sentenza emanata dalla Corte di Appello all’esito del giudizio di rinvio, accoglie il ricorso e chiarisce che:

  • costituiscono ipotesi distinte e diversamente disciplinate: a) la dismissione generalizzata del Condominio dall’impianto centralizzato con conseguente trasformazione, per tutti i condòmini, di detto impianto in impianti di riscaldamento autonomi; b) la facoltà individuale di ciascun condòmino di provvedere al distacco, per conto proprio, dall’impianto di riscaldamento centralizzato, che resta – invece – in funzione per gli altri condòmini;
  • il distacco individuale del singolo condòmino è disciplinato dall’attuale formulazione dell’art. 1118 c.c. (norma inderogabile ex art. 1138 c.c., così come evidenziato da Cass. civ. n. 11970/2017), che consente al condòmino di distaccarsi dall’impianto centralizzato – di riscaldamento o di raffreddamento – condominiale allorché una siffatta condotta non determini notevoli squilibri di funzionamento dell’impianto stesso o aggravi di spesa per gli altri condòmini, condizioni di cui quel condomino deve fornire la prova, mediante preventiva informazione corredata da documentazione tecnica, salvo che l’assemblea condominiale autorizzi il distacco sulla base di una propria autonoma valutazione del loro non verificarsi (Cass. Sez. 6-2, Sentenza n.22285 del 03/11/2016); in caso di distacco, il condòmino rimane obbligato a pagare le sole spese di conservazione di quest’ultimo, ma sempre che resti tecnicamente possibile un suo eventuale futuro riallaccio all’impianto, essendo invece esentato anche da tali spese nell’ipotesi in cui un’eventuale impossibilità tecnica gli impedisca qualsivoglia collegamento futuro (cfr. Cass. civ n. 18131/2020, nonché, A. SCARPA, Efficacia ed opponibilità della clausola regolamentare sulla ripartizione delle spese di riscaldamento, in Immobili e proprietà, 2020, 1, 19; G.T. GOMITONI, Il diritto del condòmino al distacco dall’impianto di riscaldamento dopo la Riforma, in Immobili e proprietà, 2013, 4);
  • per la diversa ipotesi della dismissione da parte del Condominio dell’intero impianto centralizzato con sostituzione di impianti di riscaldamento autonomi per tutti i condòmini opera, invece, l’art. 26 della L. n. 10/1991, che nella formulazione originaria, vigente all’epoca dei fatti, consentiva la dismissione totale dell’impianto centralizzato con delibera assembleare adottata a maggioranza delle quote millesimali, in deroga alla regola dell’unanimità di cui all’art. 1120 c.c., nel rispetto di due condizioni: a) perseguimento degli obiettivi di risparmio energetico; b) determinazione dei consumi per le singole unità immobiliari; sicché, secondo l’ordinanza in commento, è nulla la delibera assembleare che, nella vigenza della citata norma, sia adottata a maggioranza senza, tuttavia, rispettare i requisiti posti per la regola della maggioranza dall’art. 26 della L. n. 10/1991, del risparmio energetico e della determinazione dei consumi individuali, limitandosi, invece, a disporre esclusivamente  la soppressione dell’impianto centralizzato, senza prevedere, nemmeno in chiave programmatoria, le opere necessarie per la sostituzione di esso in funzione del risparmio energetico, dovendo tale delibera, stante il mancato rispetto dei requisiti di cui all’art. 26 L. 10/1991, essere adottata all’unanimità ex art. 1120 c.c. (cfr. L.C. NATALI, Il distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato, in Immobili e proprietà, 2011, 2, 73).

Spunti applicativi

Il tema della trasformazione dell’impianto di riscaldamento centralizzato in impianti autonomi è stato interessato da un susseguirsi di novelle legislative:

  • per le delibere assunte prima dell’entrata in vigore della L. n. 10/1991, la dismissione totale dell’impianto generalizzato non poteva che adottarsi all’unanimità ex art. 1120 co. 2 c.c., che vieta le innovazioni, che rendano le parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino dissenziente;
  • per le delibere adottate dopo il 17.1.1991, data di entrata in vigore della L. n. 10/1991, il distacco è consentito, ex art. 26 della legge citata, a maggioranza, a condizione che la delibera: a) preveda – almeno in chiave programmatoria – le opere di risparmio energetico relative agli impianti individuali sostitutivi; b) quantifichi i consumi delle singole unità abitative;
  • per le delibere adottate dopo il 2.2.2007 (data di entrata in vigore del D.L. n. 311 del 2006, che ha modificato l’art. 26 cit.), ferma la necessaria indicazione dei consumi individuali delle singole unità abitative, non è più sufficiente che la delibera prospetti in chiave meramente programmatoria i lavori da eseguirsi, essendo viceversa necessario che gli interventi di trasformazione siano indicati in un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata  da un tecnico  abilitato;
  • per le delibere adottate dopo il 15.8.2009 (data di entrata in vigore della L. n. 99/2009 che ha nuovamente modificato l’art. 26 cit.), ferma restando la necessità della relazione tecnica e della indicazione dei consumi individuali, si richiede la maggioranza semplice   delle   quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea;
  • per le delibere adottate dopo il 18.6.13 (data di entrata in vigore della L. n. 220/2012 modificativa dell’art. 26 L. 10/1991), fermi sempre i requisiti dell’indicazione dei consumi delle singole unità abitative e della correlata relazione tecnica, si prevede una maggioranza rafforzata, pari a quella degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.