Ritenuta impugnativamente la delibera assembleare con cui il Condominio attribuiva al condomino l’onere del pagamento pro quota di spese inerenti il riscaldamento centralizzato, il Tribunale adito, nella resistenza del Condominio che proponeva domanda riconvenzionale di accertamento della illegittimità del distacco, accertava la violazione dell’art. 1118 c.c. e, per l’effetto, rigettava le domande attoree ritenendo fondata la domanda riconvenzionale.
La sentenza veniva impugnata dal condomino innanzi alla Corte d’Appello che emetteva declaratoria di inammissibilità ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c.
Il soccombente proponeva, altresì, ricorso in Cassazione, affidato a tre motivi, rigettati con ordinanza. (Corte di Cassazione, 8 settembre 2023, n. 26185)
Il tenore delle questioni giuridiche affrontate dalla pronuncia in commento impone una analisi separata dei differenti profili in rilievo.
In tale sede si procede alla disamina delle argomentazioni inerenti al terzo motivo di ricorso, con cui il condomino ricorrente lamenta la presenza di violazioni di legge per aver il Tribunale ritenuto illegittimo il distacco dal riscaldamento centralizzato.
L’ordinanza della Suprema Corte ritiene il motivo inammissibile, per diverse ragioni che occorre sintetizzare.
Preliminarmente, al fine di meglio comprendere quanto statuito dalla pronuncia in esame, si rammenta che, ai sensi dell’art. 1118 c.c., il condomino è titolare di un diritto sulle parti comuni, irrinunciabile per legge (inciso introdotto dalla riforma n. 220/2012, in deroga a quanto previsto dall’art. 1104 c.c. in tema di comunione), nonché del correlato obbligo reale di contribuzione alle spese di conservazione, cui non può sottrarsi.
Il riformato comma 4 della disposizione sopra richiamata (nella versione post legge 220/2012), recependo le statuizioni della giurisprudenza maggioritaria, introduce una eccezione a quanto affermato poichè riconosce in capo al condomino il potere di rinunciare all’uso dell’impianto di riscaldamento centralizzato, a condizione che il distacco non crei alcun pregiudizio.
La prova dell’assenza di squilibri al funzionamento generale dell’impianto nonché della mancanza di aggravi di spesa per gli altri condomini – elementi richiesti dalla disposizione in commento al fine di avallare la legittimità della rinuncia – costituisce, quindi, la condizione che legittima l’esercizio del diritto potestativo da parte del condomino, salvo che intervenga una espressa ed avveduta autorizzazione dell’assemblea condominiale che legittimi il singolo all’istallazione dell’impianto termico, previo distacco dall’impianto centralizzato, facoltà riconosciuta dalle leggi speciali (cfr. D.P.R. 412/1993).
Orbene, nel caso che ci occupa, la Suprema Corte, ritenendo che la doglianza, così come formulata, attenga ad un accertamento di merito insindacabile in sede di legittimità, ha dichiarato il motivo inammissibile richiamando l’orientamento espresso dalla giurisprudenza, secondo cui l’assenza di idonea prova che dimostri l’insussistenza di pregiudizi, da rendersi a cura del condomino, rende legittima la delibera condominiale che nega al privato l’autorizzazione al distacco dal riscaldamento centralizzato (cfr. ex multis, Cass. 22285/2016).
Il principio sopra citato non conosce statuizioni di segno contrario, essendo evidente il tenore letterale della disposizione normativa di riferimento (art. 1118 c.c.).
Pertanto, ravvisandosi nel caso di specie le circostanze sopra prospettate, avallate anche dall’espletata CTU, nessuna censura – a parere della Corte – può essere mossa alla sentenza impugnata, non sussistendo i vizi lamentati dal ricorrente che, di fatto, ha disatteso l’onere di fornire al condominio le dovute dimostrazioni in merito all’assenza dei pregiudizi descritti dall’art. 1118, IV comma, c.c., legittimando l’assemblea ad emettere delibera negativa con susseguente addebito delle spese previste.