In tema di condominio di edificio, in caso di alienazione di un piano o di porzione di un piano, dal momento in cui il trasferimento venga reso noto al condominio, lo status di condomino appartiene all’acquirente, e pertanto soltanto quest’ultimo è legittimato a partecipare alle assemblee e ad impugnarne le deliberazioni, mentre il venditore, che non è più legittimato a partecipare direttamente alle assemblee condominiali, può far valere le sue ragioni connesse al pagamento dei contributi (relativi all’anno in corso ed a quello precedente, ai sensi dell’art. 63 disp. att. cod. civ.) attraverso l’acquirente che gli è subentrato, e per il quale, anche in relazione al vincolo di solidarietà, si configura una gestione di affari non rappresentativa che importa obbligazioni analoghe a quelle derivanti da un mandato, e fra queste quella di partecipare alle assemblee condominiali e far valere in merito anche le ragioni del suo dante causa. * Cass. civ., sez. II, 10 gennaio 1990.
Nell’ipotesi di alienazione di una porzione di edificio condominiale ad un nuovo soggetto, affinché questi si legittimi di fronte al condominio quale nuovo titolare interessato a partecipare alle assemblee, occorre almeno, pur nel silenzio della legge al riguardo, una qualche iniziativa, esclusiva dell’acquirente o concorrente con quella dell’alienante, che, in forma adeguata, renda noto al condominio detto mutamento di titolarità, senza di che, e fin quando ciò non avvenga, resta legittimato a partecipare alle delibere assembleari l’alienante. Pertanto è legittima la disposizione del regolamento del condominio che prevede a tal fine a carico dell’alienante l’onere di comunicare all’amministratore del condominio gli estremi di trasferimento e i dati personali dell’acquirente, con la conseguenza che, in caso di inosservanza, ritualmente l’avviso di convocazione della assemblea dei condomini viene indirizzata all’alienante. * Cass. civ., sez. II, 14 marzo 1987, n. 2658.
In tema di condominio di edifici, la nullità della delibera assembleare per omessa comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea può essere fatta valere da ciascun condomino, trattandosi di nullità assoluta, ma quando il condomino nei cui confronti la comunicazione è stata omessa è presente in assemblea si presume che ne abbia avuto comunque notizia, rimanendo l’eventuale irregolarità della sua convocazione conseguentemente sanata. * Cass. civ., sez. II, 27 marzo 2003, n. 4531.
La mancata comunicazione, agli aventi diritto, dell’avviso di convocazione dell’assemblea dei condomini prescritto dall’art. 1136, sesto comma, c.c., comporta la nullità assoluta ed insanabile della deliberazione, opponibile anche dai condomini che hanno ricevuto la comunicazione e partecipato all’assemblea. * Cass. civ., sez. II, 27 giugno 1992, n. 8074.
L’amministratore di condominio, al fine di assicurare una regolare convocazione dell’assemblea, è tenuto a svolgere le indagini suggerite dall’ordinaria diligenza per rintracciare i condomini non più presenti al precedente recapito onde poter comunicare a tutti l’avviso di convocazione. * Cass. civ., sez. II, 28 novembre 2000, n. 15283.
Nell’ipotesi di decesso di un condomino, ove l’avente causa non indichi e non dimostri all’amministratore del condominio la sua qualità di nuovo condomino, l’amministratore adempie l’obbligo della comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea indirizzando lo stesso all’ultimo domicilio del condomino defunto, a nome di lui, e dimostrando l’avvenuta ricezione dell’avviso da parte di persona addetta al domicilio medesimo. * Cass. civ., sez. II, 29 luglio 1978, n. 3798.
La sanzione della nullità della delibera dell’assemblea condominiale presidia esclusivamente l’esigenza che tutti i condomini siano preventivamente informati della convocazione della assemblea, così da poter essere partecipi del procedimento di formazione della delibera medesima. Pertanto, salvaguardata tale esigenza, le lacune e le irregolarità del procedimento di convocazione e di informazione dei condomini, compresa la stessa eventuale convocazione dell’assemblea ad opera di persona non qualificata, non possono che dar luogo a deliberazioni contrarie alla legge, espressamente soggette, come tali, all’impugnazione per annullamento, da proporsi nel termine di cui all’art. 1137 cod. civ. * Cass. civ., sez. II, 28 febbraio 1987, n. 2148.
Al fine di assicurare la convocazione di tutti i condomini, presupposto indispensabile per la validità dell’assemblea condominiale, gli artt. 1135 e 1136 cod. civ. non prescrivono particolari modalità di notifica, sicché l’esigenza che tutti i condomini siano stati preventivamente informati deve ritenersi soddisfatta quando risulti, secondo l’incensurabile accertamento del giudice del merito, che i condomini ne abbiano avuto notizia. * Cass. civ., sez. II, 5 agosto 1988, n. 4846.
Poiché il c.c. non prescrive particolari modalità di notifica ai condomini dell’avviso di convocazione per la regolarità delle relative assemblee, la comunicazione può essere data con qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo, e può essere provata da univoci elementi dai quali risulti, anche in via presuntiva, che il condomino ha, in concreto, ricevuta la notizia della convocazione.
Ai fini della regolare convocazione dell’assemblea non è sufficiente che la spedizione dell’avviso sia fatta dall’amministratore nel termine di legge, ma occorre che l’avviso sia effettivamente ricevuto da tutti i singoli condomini entro il termine minimo prescritto dalla legge. La mancata informazione preventiva del condomino in ordine alla convocazione di assemblea condominiale incide direttamente sulla valida costituzione dell’assemblea medesima, rendendone nulle le deliberazioni indipendentemente dal fatto che il condomino non notiziato abbia o meno interesse ad essere presente, ovvero il suo voto abbia incidenza o meno sul raggiungimento delle prescritte maggioranze.
In tema di condominio di edifici, la mancanza dell’invito anche di uno solo dei condomini rende la deliberazione dell’assemblea non semplicemente annullabile, con la necessità che la relativa impugnazione deve essere proposta a pena di decadenza nel termine di cui all’art. 1137 comma terzo c.c., ma affetta radicalmente da nullità, con la conseguenza che l’impugnazione non è soggetta a detto termine di decadenza ma essendo imprescrittibile può esser fatta valere in ogni tempo, senza che il relativo interesse che va riconosciuto a ciascun condomino possa venire meno neppure nel caso in cui la mancata partecipazione del condomino non abbia influito sulla formazione della maggioranza. * Cass. civ., 15 dicembre 1990, n. 11947.
Nel caso in cui faccia parte del condominio un piano o appartamento oggetto di usufrutto, a norma dell’art. 67 disp. att. c.c., il nudo proprietario deve essere chiamato a partecipare alle assemblee condominiali indette per deliberare su innovazioni, ricostruzioni od opere di manutenzione straordinaria se, invece, si tratta di affari di ordinaria amministrazione o di godimento delle cose e dei servizi comuni, deve essere dato avviso all’usufruttuario, il quale, quindi, non può dare validamente il suo voto su materia riservata al nudo proprietario. Tale criterio, che si fonda sulla natura delle opere da deliberare, non è contrario alla disciplina delle spese dettata dalle norme specifiche dell’usufrutto (artt. 1004 e 1005 c.c.) ed, in particolare, l’art. 67 disp. att. c.c. non contrasta con l’art. 1005 c.c., benché nell’uno si parli di manutenzione straordinaria e nell’altro di riparazioni straordinarie. Poiché per riparazione si intende l’opera che rimedia ad un’alterazione già verificatasi nello stato delle cose in conseguenza dell’uso o per cause naturali, e per manutenzione si intende l’opera che previene l’alterazione, è da ritenersi che non interessa la maggiore o minore attualità del danno da riparare, ma rileva l’essenza e la natura dell’opera, il suo carattere di ordinarietà o straordinarietà, poiché solo tale caratterizzazione incide sul diritto di cui l’uno o l’altro dei due soggetti sono titolari; spettando all’usufruttuario l’uso e il godimento della cosa, salva rerum substantia, necessariamente si deve a lui lasciare la responsabilità e l’onere di provvedere a tutto ciò che riguarda la conservazione e il godimento della cosa nella sua sostanza materiale e nella sua attitudine produttiva; si devono, invece, riservare al nudo proprietario le opere che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione della cosa, perché afferiscono alla nuda proprietà. La qualificazione delle opere, e l’attribuzione all’una o all’altra categoria, spettano al giudice di merito, involgendo anche indagini di fatto, ed il relativo apprezzamento si sottrae a censura in sede di legittimità, se sia sorretto da esatti criteri normativi e sia adeguatamente motivato. * Cass. civ., 4 gennaio 1969, n. 10.