SOMMARIO:
a) Concessione edilizia; b) Decoro architettonico; c) Immissioni e molestia alle persone; d) Inserimento nel lastrico solare; e) Inserimento nel muro comune; f) Mancato controllo della canna fumaria; g) Ostruzione; h) Proprietà; i) Rimozione; l) Riparazione; m) Servitù; n) Sostituzione.
a) Concessione edilizia
I lavori di innalzamento e copertura di una canna fumaria, in quanto completano «funzionalmente» un’opera preesistente, richiedono la concessione edilizia. * Cass. pen., sez. III, 25 ottobre 1988, n. 10396 (ud. 9 febbraio 1988), Amatori.
b) Decoro architettonico
Costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio. La relativa valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, ove non presenti vizi di motivazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto illegittima l’installazione di una canna fumaria che percorreva tutta la facciata dell’edificio condominiale, così da pregiudicare l’aspetto e l’armonia del fabbricato). Cass. civ., Sez. II, 11 maggio 2011, n. 10350, Panciroli c. Zanin.
c) Immissioni e molestia alle persone
Tra la domanda per il rispetto della distanza legale ex art. 890 c.c. tra il confine e alcuni manufatti, tra cui una canna fumaria eretta sul fondo finitimo, e quella ex art. 844 c.c., relativa alle immissioni intollerabili provenienti dalla suddetta canna non esiste connessione per accessorietà ai sensi dell’art. 31 c.p.c., a meno che l’attore non deduca l’esistenza di un nesso causale tra la posizione della canna fumaria e l’intollerabilità delle immissioni e mancando, tra le due azioni, un’apprezzabile differenza in termini di maggiore o minore rilevanza del loro rispettivo contenuto. (In applicazione del riportato principio la S.C., in sede di regolamento di competenza, ha dichiarato competente il giudice di pace in relazione alla domanda di cessazione delle immissioni di fumo e vapori, così rigettando il ricorso con cui era stato impugnato il provvedimento emesso dal tribunale dinanzi al quale erano state proposte tutte le sopra indicate istanze). * Cass. civ., Sez. VI, 14 ottobre 2011, n. 21261, Faccaro c. Cuccurullo. In tema di inquinamento atmosferico, è configurabile il reato di cui all’art. 674 c.p. (emissione di gas, vapori e fumi atti a molestare le persone) anche nel caso in cui le emissioni provengano da un impianto non conforme alla normativa sull’abbattimento dei fumi emessi dalla canna fumaria di una caldaia a metano per riscaldamento (D.M. 21 marzo 1993), quando il disturbo concretamente arrecato alle persone superi la normale tollerabilità con conseguente pericolo per la salute pubblica. * Cass. pen., sez. III, 28 settembre 2007, n. 35730 (ud. 19 giugno 2007), Bodrato.
In tema di getto pericoloso di cose, nel caso di emissioni di fumi, gas o vapori atti ad offendere o molestare le persone, la prova del superamento del limite di tollerabilità deve essere determinato di volta in volta dal giudice, anche mediante dichiarazioni testimoniali, con riguardo sia alle condizioni dei luoghi e alle attività normalmente svolte in un determinato contesto produttivo sia al sistema di vita e alle correnti abitudini della popolazione nell’attuale momento storico. (Fattispecie nella quale l’emissione di fumi, promananti dalla canna fumaria e prodotti dall’impianto di riscaldamento dell’imputato, investiva l’abitazione di alcuni vicini di casa provocando loro molestia). Cass. pen., sez. III, 16 ottobre 2007, n. 38073 (ud. 21 settembre 2007), Salleo Puntillo.
Il reato di cui all’art. 674 c.p. (emissione di gas, vapori e fumi atti a molestare le persone) è configurabile quando tali emissioni siano conseguenza di un’attività non conforme alla normativa ed arrechino concretamente disturbo alle persone superando la normale tollerabilità con conseguente pericolo per la salute pubblica, la cui tutela costituisce la ratio dell’incriminazione (Nel caso di specie la S.C. ha ritenuto sussistente il reato a carico del titolare di una pizzeria che svolgeva la propria attività con modalità non conformi alla disciplina sull’abbattimento dei fumi emessi dalla canna fumaria). * Cass. pen., sez. III, 22 dicembre 2006, n. 42213 (ud. 6 dicembre 2006), Parziale e altro.
In tema di omicidio colposo, premesso che è onere del proprietario consegnare all’affittuario dell’appartamento un impianto di riscaldamento revisionato, in piena efficienza e privo di carenze funzionali e strutturali, il proprietario dell’immobile è responsabile del reato di omicidio colposo, in relazione al decesso dell’inquilino conseguente ad esalazioni di monossido di carbonio provenienti dallo scaldabagno (Nella specie, era stato accertato che l’imputato aveva dato l’immobile in locazione senza prima avere verificato la funzionalità dell’impianto a gas, risultato in pessimo stato di conservazione, con conseguente eccessiva produzione di monossido di carbonio, che non veniva smaltita dal canale di fumo e dalla canna fumaria, strumenti pure in condizioni carenti). * Cass. pen., sez. IV, 21 ottobre 2005, n. 38818 (ud. 4 maggio 2005 ), De Bona. L’azione di manutenzione ex art. 1170 c.c. è esperibile anche a difesa del possesso da immissioni di fumi pregiudizievoli derivanti da canna fumaria dei vicini. * Cass. civ., sez. II, 30 maggio 2005, n. 11382, Sinibaldi ed altro c. Rosi ed altro.
d) Inserimento nel lastrico solare
Il condomino che inserisca la propria canna fumaria nel lastrico solare comune, incorporandone una porzione, con opere murarie, al servizio esclusivo del proprio appartamento, pone in essere un atto di utilizzazione particolare della cosa che non ne compromette necessariamente la destinazione e che deve essere, pertanto, considerato del tutto legittimo se, trattandosi dell’occupazione di una zona periferica di una parte del tutto trascurabile rispetto alla superficie complessiva del lastrico, possa, in concreto, escludersi che la predetta utilizzazione menomi la funzione di copertura e calpestio del lastrico o le possibilità di uso degli altri comproprietari. * Cass. civ., sez. II, 17 marzo 1992, n. 2774, Cenci c. Cenci.
e) Inserimento nel muro comune
Una canna fumaria, anche se ricavata nel vuoto di un muro perimetrale in condominio, non è necessariamente di proprietà comune, ben potendo appartenere ad uno solo dei condomini, se sia destinata a servire esclusivamente l’appartamento cui afferisce. * Cass. civ., 17 maggio 1967, n. 1033.
Costituisce pregiudizio al concorrente diritto degli altri condomini, di utilizzare in modo conveniente il muro comune, la installazione in esso di una canna fumaria che, per le sue dimensioni o per la sua ubicazione, riduca in modo apprezzabile la visuale di cui tali condomini godono dalle finestre site nello stesso muro. * Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 1977, n. 620.
In tema di condominio negli edifici, l’appoggio al muro perimetrale comune di una canna fumaria costituisce una modifica conforme alla destinazione della cosa comune, che ciascun condomino può legittimamente apportare a sue cure e spese, purché tale intervento non impedisca l’altrui pari uso, non arrechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio e non alteri il decoro architettonico a causa del riflesso negativo della nuova opera sull’insieme dell’armonico aspetto dello stabile. * Cass. civ., sez. II, 16 maggio 2000, n. 6341, Zampieri c. Meneguzzo.
L’uso particolare o più intenso del bene comune ai sensi dell’art. 1102 c.c. dal quale esula ogni utilizzazione che si risolva in un’imposizione di limitazioni o pesi sul bene comune presuppone, perché non si configuri come illegittimo, che non ne risultino impedito l’altrui paritario uso né modificata la destinazione né arrecato pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. Ne consegue che l’inserimento di una canna fumaria all’interno del muro comune costituente anche muro di delimitazione della proprietà individuale ad esclusivo servizio del proprio immobile non può considerarsi utilizzazione in termini di mero «appoggio» della stessa al muro comune, secondo quello che, a determinate condizioni, può costituire uso consentito del bene comune ai sensi della norma in questione, stante il suo peculiare carattere di invasività della proprietà altrui (qual è anche quella non esclusiva bensì comune), anche sotto i meri profili delle immissioni di calore e della limitazione rispetto ad altre possibili e diverse utilizzazioni della cosa che ne derivano. Cass. civ., sez. II, 10 maggio 2004, n. 8852.
f) Mancato controllo della canna fumaria
La responsabilità penale dell’amministratore di condominio va ricondotta nell’ambito della disposizione (art. 40, comma secondo, c.p.) per la quale “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”. Per rispondere del mancato impedimento di un evento è, cioè, necessario, in forza di tale norma, l’esistenza di un obbligo giuridico di attivarsi allo scopo: detto obbligo può nascere da qualsiasi ramo del diritto, e quindi anche dal diritto privato, e specificamente da una convenzione che da tale diritto sia prevista e regolata come è nel rapporto di rappresentanza volontaria intercorrente fra il condominio e l’amministratore. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto configurabile a carico dell’amministratore di condominio di un obbligo di garanzia in relazione alla conservazione delle parti comuni, in una fattispecie di incendio riconducibile ad un difetto di installazione di una canna fumaria di proprietà di un terzo estraneo al condominio che attraversava parti comuni dell’edificio). Cass. Pen., Sez. IV, 13 ottobre 2009, n. 39959.
In tema di delitto colposo l’indagine sulla sussistenza della causalità si restringe all’analisi del rapporto tra le varie cause al fine di stabilire se quelle prossime siano fatti eccezionali ed atipici del tutto avulsi dalla serie causale precedente ovvero si innestino in questa, costituendone la naturale via di sviluppo. Ne consegue che colui che installa in una abitazione uno scaldabagno alimentato a gas metano ha il dovere di accertare — non solo in osservanza di quanto disposto dalla normativa vigente che, ancorché specifica, ben può essere insufficiente a garantire la piena sicurezza dell’opera installata, ma anche in osservanza delle regole di prudenza, perizia e diligenza — che la relativa canna fumaria non sia ostruita e consenta un buon tiraggio, senza rigurgiti dei prodotti di combustione tali da costituire un pericolo per l’incolumità personale degli utenti. L’osservanza di tale dovere prescinde dall’evenienza che l’impianto di smaltimento sia realizzato al momento dell’installazione ovvero preesista in quanto, prima di porre in attività l’apparecchiatura, deve essere accertata l’idoneità funzionale e l’assenza di condizioni foriere di danno per le persone. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che l’omissione del controllo della canna fumaria da parte dell’imputato abbia determinato l’antecedente causale dell’evento letale, ovverosia il decesso degli occupanti l’appartamento per asfissia da monossido di carbonio). * Cass. Pen., Sez. IV, 6 settembre 2007, n. 34115.
g) Ostruzione
L’installatore di uno scaldabagno alimentato a gas metano risponde per colpa della morte dell’utente conseguita al cattivo funzionamento della canna fumaria, ancor che preesistente, della quale al momento dell’installazione egli non abbia verificato appieno la funzionalità, se non nei limiti impostigli dalla normativa vigente, in quanto la peculiarità del lavoro affidatogli e la pericolosità dell’opera oggetto del medesimo impediscono di ritenere circoscrivibile alla mera indicazione normativa la condotta necessariamente prudenziale e diligente che egli deve osservare, essendogli invece imposto di porre in essere tutte le cautele necessarie per evitare eventi dannosi prevedibili. * Cass. pen., sez. IV, 6 settembre 2007, n. 34115.
Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose consiste in qualsiasi fatto con il quale si incide sulla cosa, distruggendola, deteriorandola, trasformandone o limitandone la particolare funzione o mutandone la destinazione. (Fattispecie di reato integrato dalla ostruzione della canna fumaria). * Cass. pen., sez. III, 19 gennaio 1980, n. 647.
h) Proprietà
In tema di condominio, nel caso in cui un condomino utilizzi la canna fumaria dell’impianto centrale di riscaldamento nella specie per lo scarico dei fumi da una pizzeria dopo che questo sia stato disattivato dal condominio, sussiste violazione dell’articolo 1102 c.c., trattandosi non di uso frazionato della cosa comune, bensì della sua esclusiva appropriazione e definitiva sottrazione alle possibilità di godimento collettivo, nei termini funzionali praticati, per legittimare le quali è necessario il consenso negoziale (espresso in forma scritta ad substantiam) di tutti i condomini. * Cass. civ., sez. II, 6 novembre 2008, n. 26737.
Con riguardo ad edificio in condominio, una canna fumaria, anche se ricavata nel vuoto di un muro comune, non è necessariamente di proprietà comune, ben potendo appartenere ad uno solo dei condomini, se sia destinata a servire esclusivamente l’appartamento cui afferisce, costituendo detta destinazione titolo contrario alla presunzione legale di comunione. * Cass. civ., sez. II, 29 agosto 1991, n. 9231, Battista ed altro c. Signorelli ed altro. La canna fumaria è soggetta alla presunzione di comunione di cui all’art. 1117 c.c. e deve, quindi, ove il contrario non risulti dal titolo, ritenersi comune e la circostanza che la canna inizi da un determinato appartamento è irrilevante e non può giustificare la pretesa del proprietario dell’appartamento stesso di un acquisto per accessione. * Cass. civ., 29 aprile 1966, n. 1092.
i) Rimozione
In tema di condominio negli edifici, qualora il proprietario di un’unità immobiliare del piano attico agisca in giudizio per ottenere l’ordine di rimozione di una canna fumaria posta in aderenza al muro condominiale e a ridosso del suo terrazzo, la liceità dell’opera, realizzata da altro condomino, deve essere valutata dal giudice alla stregua di quanto prevede l’art. 1102 c.c., secondo cui ciascun partecipante alla comunione può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, non rilevando, viceversa, la disciplina dettata dall’art. 907 c.c. sulla distanza delle costruzioni dalle vedute, atteso che la canna fumaria (nella specie, un tubo in metallo) non è una costruzione, ma un semplice accessorio di un impianto (nella specie, forno di pizzeria). Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 2012, n. 2741.
l) Riparazione
La riduzione della sezione di una canna fumaria ad opera di uno dei condomini (nella specie mediante immissione di un tubo in eternit) non è consentita qualora di fatto alteri la destinazione della cosa comune ed impedisca agli altri partecipanti di farne uso secondo il loro diritto. Cass. civ., 29 aprile 1966, n. 1092.
m) Servitù
La riduzione della sezione di una canna fumaria ad opera di uno dei condomini (nella specie mediante immissione di un tubo in eternit) non è consentita qualora di fatto alteri la destinazione della cosa comune ed impedisca agli altri partecipanti di farne uso secondo il loro diritto. Cass. civ., 29 aprile 1966, n. 1092.
n) Sostituzione
È consentito sostituire una vecchia canna fumaria in metallo, comune a due edifici in condominio, distinti e contigui, alla quale erano collegate le caldaie delle lavanderie dei due stabili, con una nuova canna in eternit collegata all’impianto di riscaldamento di uno soltanto dei suddetti fabbricati, alla condizione, però, che sia possibile all’altro condominio di servirsi della nuova canna collegandovi il proprio impianto. Cass. civ., 21 maggio 1976, n. 1836.
In tema di condominio, nel caso in cui i condomini abbiano deciso a maggioranza, ai sensi dell’articolo 26 della legge 9 gennaio 1991 n. 10 e del relativo regolamento di esecuzione approvato con D.P.R. 26 agosto 1993 n. 412, la dismissione dell’impianto di riscaldamento centralizzato e la sua sostituzione con autonomi impianti, non è più consentito alla minoranza dissenziente di mantenere in esercizio il vecchio impianto, ed è obbligatorio per tutti i condomini partecipare proporzionalmente alle spese per l’installazione e manutenzione della nuova canna fumaria, che in quanto posta a servizio dei singoli impianti di riscaldamento, costituisce bene comune cui tutti in condomini sono tenuti ad allacciare il proprio. Cass. civ., sez. II, 21 novembre 2008, n. 27822.
In tema di condominio, è legittima la soppressione dell’impianto centralizzato di riscaldamento deliberata con la maggioranza prevista dall’art. 26 della legge n. 10 del 1991, qualora l’assemblea dopo avere espresso la volontà di modificare il relativo impianto senza approvare il progetto accompagnato dalla relazione tecnica prevista dall’art. 28 della citata legge, abbia successivamente proceduto alla relativa fase esecutiva, deliberando la trasformazione del bene comune in impianti autonomi unifamiliari secondo un progetto tecnico che aveva previsto l’installazione di canne fumarie singole e collettive con un risparmio energetico rispetto al consumo necessario per il funzionamento dell’impianto centralizzato. Cass. civ., sez. II, 11 maggio 2006, n. 10871.