Art 71 bis disp att c.c.
– L’art. 71-bis disp. att. c.c., introdotto dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, fissa i requisiti necessari per lo svolgimento dell’incarico di amministratore di condominio:
Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio coloro:
a) che hanno il godimento dei diritti civili;
b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;
c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;
d) che non sono interdetti o inabilitati;
e) il cui nome non risulta annotato nell’elenco dei protesti cambiari;
f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;
g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.
Dai requisiti del titolo di studio e della formazione iniziale sono esentati coloro che abbiano svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell’arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della Riforma, fermo restando per gli stessi, però, l’obbligo di formazione periodica. Più passa il tempo dall’entrata in vigore della legge n. 220 del 2012, più sbiadisce la ragionevolezza di quest’ultima esenzione. Sarà molto difficile comprendere perché possa essere validamente nominato amministratore semmai nel 2030 o nel 2040 chi, pur essendo carente dei requisiti del diploma scolastico e della frequentazione di un corso di formazione iniziale, avesse tuttavia svolto nel 2010 o nel 2011 per almeno un anno attività di amministrazione di condominio.
Sono altresì esonerati dagli obblighi di possesso del diploma scolastico e di formazione ed aggiornamento professionali gli amministratori nominati tra i condomini dello stabile. Neppure questa deroga risulta comprensibile. Innanzitutto, perché essa è stabilita soltanto con riguardo alla condizione del proprietario di una porzione esclusiva dello stabile, e non anche a quella, al limite, di proprietario, titolare di diritto reale o di diritto personale di godimento, comunque concretamente residente nell’edificio. Né si intuisce perché, soprattutto in condomini di non modeste dimensioni, la qualità di amministratore scelto fra i condomini faccia passare in secondo piano tutte quelle esigenze di professionalità e di responsabilizzazione così avvertite dall’art. 71-bis disp. att. c.c. In questi termini, la discriminazione tra condomini ed estranei al condominio, in termini di esperienza e capacità professionali, con riguardo al diritto allo svolgimento dell’incarico di amministratore, non appare diretta a premiare alcuna concreta precedente esperienza dei primi nell’ambito dell’amministrazione immobiliare, né una loro presumibile maggiore meritevolezza, e risulta, pertanto, irragionevole, giacché la discrezionalità del legislatore riflette un differente trattamento di situazioni giuridiche praticamente identiche.
In caso di nomina di una società quale amministratore di condominio, i requisiti devono essere posseduti da tutti i soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti della società incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomini. Quanto al possibile ingresso di nuovi soci nella società, incaricata dell’amministrazione condominiale, anche gli stessi dovranno ovviamente garantire il possesso dei necessari requisiti.
Non possono essere nominati amministratori di condominio coloro che siano stati condannati per delitti non colposi per i quali la legge commini la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni. Tali effetti extrapenali devono ricollegarsi soltanto ad una sentenza penale irrevocabile di condanna con efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso. Questa ineleggibilità/decadenza opera certamente anche in relazione a reati commessi prima del 18 giugno 2013, data di entrata in vigore dell’art. 71-bis, lett. b, disp. att. c.c., né tale lettura si pone in contrasto con il principio di irretroattività della norma penale e, più in generale, delle disposizioni sanzionatorie ed afflittive, giacché non si tratta di dare così applicazione ad una norma avente natura sanzionatoria, penale o amministrativa. Nella disposizione in esame la condanna penale viene in considerazione come mero presupposto oggettivo, cui è collegato un giudizio di inadeguatezza morale a ricoprire la carica: la condanna è, dunque, un requisito negativo ai fini della nomina da parte dell’assemblea. Non assumono rilievo, ai fini del venir meno della causa di incapacità ex art. 71-bis, lett. b, disp. att. c.c., né il fatto che la condanna sia stata sottoposta a sospensione condizionale, né l’eventuale concessione dell’indulto, in quanto vicende strettamente attinenti al trattamento sanzionatorio del reato, e non incidenti, invece, sul difetto del requisito soggettivo per lo svolgimento dell’incarico di amministratore.
La sopravvenuta perdita di alcuno dei primi cinque requisiti dapprima elencati comporta la cessazione dall’incarico, legittimando ciascun condomino a convocare “senza formalità” l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore.
Attività di Formazione
La legge n. 220 del 2012 non chiariva i criteri di individuabilità dei “corsi di formazione iniziale” né delle “attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale”, che pure l’art. 71-bis, comma 1, lett. f) impone. Poi, l’art. 1, comma 9, lettera a) del d.l. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito in l. 21 febbraio 2014, n, 9, ha rimesso ad un Regolamento del Ministro della Giustizia la determinazione dei requisiti necessari per esercitare l’attività di formazione degli amministratori di condominio, nonché i criteri, i contenuti e le modalità delle attività di formazione professionale. Tale regolamento è stato introdotto dal d.m. Ministero Giustizia 13 agosto 2014, n. 140.
Deve anche considerarsi come la legge 14 gennaio 2013, n. 4, in materia di professioni non organizzate in ordini o collegi, consente di ricondurre, a tutti gli effetti, quella di amministratore di condominio al nuovo ambito delle professioni senza albo.
La violazione dell’art. 71 bis, comma 1, lett. g), disp. att. c.c., con la nomina di amministratore che, al momento della delibera dell’assemblea, non abbia svolto l’attività di formazione obbligatoria, comporta, come si preciserà di seguito, la nullità del conferimento dell’incarico, mentre il mancato svolgimento della attività di formazione periodica successivamente alla nomina può costituire grave irregolarità tale da giustificare la revoca giudiziale dell’amministratore.
Nomina di amministratore privo dei requisiti
Alcuni commentatori hanno rimarcato come la disciplina normativa introdotta nel 2012 non subordini espressamente la validità della deliberazione di nomina dell’amministratore al possesso, da parte dell’assemblea, dei documenti che attestino la sussistenza, in capo al soggetto designato, dei requisiti ex art. 71-bis disp. att. c.c., e neppure indichi le conseguenze giuridiche dell’eventuale nomina di amministratore privo di uno o più di essi. Peraltro, visto che la loro perdita comporta la cessazione dell’incarico, andrebbe ritenuto, secondo tali opinioni, che, in caso di impugnazione della delibera di nomina, la sussistenza dei necessari requisiti divenga oggetto di accertamento giudiziale e che, in caso di loro eventuale insussistenza, la delibera risulterebbe annullabile.
È noto come l’art. 1137 c.c. (a differenza degli artt. 2377 e 2379 c.c. in materia societaria) non distingue, secondo le consuete categorie dell’invalidità, tra delibere nulle e delibere annullabili. Tale norma prevede soltanto l’azione di annullamento, cui è legittimato ogni condomino assente, dissenziente o astenuto, «contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio». È stata la giurisprudenza a delimitare l’ambito dell’annullabilità, soggetta al termine perentorio di trenta giorni per l’azione di cui al secondo comma dell’art. 1137 c.c., con riguardo alle sole delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, oppure adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, o affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea. Viceversa, si ritengono nulle, e quindi oggetto di azione di mero accertamento, sottratta a qualsiasi termine di decadenza e esperibile da chiunque vi abbia interesse (e quindi pure dal condomino che abbia espresso voto favorevole), le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto.
Ora, l’art. 71-bis disp. att. c.c., con cui sono stati fissati i requisiti di onorabilità e di qualificazione professionale del soggetto che l’assemblea possa scegliere come amministratore di condominio, si rivela norma di ordine pubblico, per la sua incidenza su interessi generali della collettività, in quanto tale avente carattere imperativo, con la conseguenza che la relativa violazione determina la nullità della deliberazione di nomina e del conseguente contratto di mandato stipulato con il soggetto designato. La disposizione in esame, in realtà, è preordinata alla finalità di assicurare ai condomini edilizi amministratori meritevoli di fiducia e provvisti di esperienza e capacità, per esigenze di rilevo anche pubblicistico, sicché soltanto la sanzione della nullità può ritenersi idonea ad assicurare effettività alla prescrizione legale. L’impugnazione della deliberazione di nomina di un amministratore ineleggibile, con riguardo ai requisiti di cui all’art. 71-bis disp. att. c.c., non è, pertanto, soggetta al termine di decadenza sancito dall’art. 1137, comma 2, c.c., potendo essere fatta valere la conseguente nullità in ogni tempo da chiunque dimostri di averne interesse, ivi compreso il condomino che abbia espresso voto favorevole.
Alla nullità della nomina di un soggetto originariamente sprovvisto dei requisiti di legge corrisponde la causa di decadenza che colpisce l’eventualità di sua incapacità sopravvenuta.
La soluzione proposta è coerente con i precedenti giurisprudenziali che si sono occupati proprio delle conseguenze spiegate sulla delibera di nomina, e sul correlato contratto, dalla mancanza, in capo al soggetto designato, di specifici titoli di studio o di precedenti esperienze lavorative, quali garanzie del possesso di un’adeguata professionalità ai fini dell’esercizio delle mansioni affidate all’incaricato. In assenza di un’espressa previsione normativa, le sentenze hanno costantemente affermato che solo la sanzione della nullità per contrasto con norme imperative (contemplata in via generale dall’art. 1418, comma 1, c.c., proprio allorché la legge non disponga diversamente, escludendo, cioè, la conseguenza della invalidità dell’atto) può ritenersi idonea ad assicurare effettività di tali prescrizioni legali dirette a fissare i requisiti di comprovata capacità professionale dell’incaricato.
La delibera, con la quale un’assemblea nomina amministratore un soggetto privo dei requisiti di cui all’art. 71-bis disp. att. c.c., è dunque affetta da nullità per violazione di norma imperativa. La nullità di tale delibera si estende poi per derivazione al contratto di prestazione d’opera stipulato in base alla proposta in essa contenuta.
L’amministratore sprovvisto dei connotati legali di onorabilità e professionalità non potrà così agire nei confronti del condominio con l’azione contrattuale per conseguire il compenso relativo all’attività espletata, né saranno applicabili al caso l’art. 2231 c.c., il quale concerne soltanto l’illegittimo esercizio di professione intellettuale, o l’art 2126 c.c., norma riguardante il solo rapporto di lavoro subordinato, non suscettibile di interpretazione analogica per il suo carattere eccezionale. Trovano applicazione, piuttosto, i principi in materia di prestazioni non dovute di fare, riconoscendosi all’amministratore “di fatto” la possibilità di agire nei confronti del condominio ex art. 2041 c.c. con l’azione di arricchimento senza causa, ovvero di invocare la conversione del contratto di amministrazione nullo in un contratto atipico di consulenza condominiale, ricorrendone gli estremi, e di conseguire il corrispettivo per l’opera svolta in relazione a detto contratto.
La nullità originaria del contratto di amministrazione non è sanabile neppure con il successivo sopraggiungere, in corso di rapporto, di alcuna delle condizioni di capacità inizialmente mancanti, dovendo le stesse precedere l’esercizio della relativa attività, e quindi la stipulazione di un valido contratto tra amministratore e condominio. Ai sensi dell’art. 1423 c.c., infatti, il contratto nullo non può essere convalidato se la legge non dispone diversamente.
Alla luce dell’art. 32, l. 11 dicembre 2012, n. 220, le nuove cause di nullità dell’atto di nomina dell’amministratore, discendenti dall’art. 71-bis disp. att. c.c., sono riferibili ai soli incarichi conferiti nella vigenza della disciplina sopravvenuta.
Art 71 bis e regolamento di condominio
In forza dell’art. 1138, comma 4, c.c., sarebbe nulla la clausola del regolamento volta a consentire la nomina, quale amministratore, di persona priva dei requisiti di onorabilità e professionalità previsti dall’art. 71-bis disp. att. c.c., come anche nulla sarebbe la clausola regolamentare che privasse l’assemblea del potere di sancire la decadenza dell’amministratore che abbia perso, nel corso dell’esercizio, alcuno dei prescritti requisiti. Deve invece, ritenersi consentito ai condomini di stabilire requisiti di eleggibilità dell’amministratore (e, correlativamente, cause di decadenza) diversi (ed ulteriori) rispetto a quelli indicati nell’art. 71-bis disp. att. c.c.