Malgrado la parziarietà delle obbligazioni in ambito condominiale l’amministratore cessato dall’incarico può chiedere il pagamento del compenso sia al condominio che ai singoli condomini.
Nei rapporti condominiali uno dei maggiori problemi è costituito o dal mancato pagamento, all’amministratore decaduto dall’incarico, del compenso a lui spettante, totale o parziale, oppure dalla richiesta di restituzione delle somme da lui anticipate a nome e per conto del condominio.
In questi casi il creditore ha a sua disposizione una duplice strada: rivolgersi direttamente al condominio, in nome del nuovo amministratore, oppure chiedere il pagamento ai singoli condomini.
Tenendo conto del probabile deterioramento dei rapporti tra condominio ed ex amministratore è plausibile ritenere che questi, per ottenere quanto di sua competenza, agisca in giudizio per ottenere un decreto ingiuntivo.
Come vedremo in seguito, la scelta del soggetto contro il quale agire porterà sempre ad un unico risultato: ottenere dal giudice competente l’emissione di un titolo da mettere in esecuzione anche contro i singoli condomini per la quota di rispettiva competenza, nel rispetto dei criteri individuati dalla legge.
Respinta l’opposizione del condominio sul decreto ingiuntivo emesso a favore dell’ex amministratore. Fatto e decisione
Il Tribunale di Taranto, con sentenza n. 2474, pubblicata il 19 ottobre 2023, ha rigettato l’opposizione proposta da un condominio avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti ed in favore dell’ex amministratrice, a titolo dell’attività dalla stessa svolta in precedenti annualità e rimasta priva di riscontro economico.
A fondamento della domanda il condominio, per quanto di rilievo, eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva rispetto all’azione monitoria che, invece, avrebbe dovuto essere indirizzata nei confronti dei singoli condomini, nonché l’intervenuta prescrizione quinquennale del credito.
L’opposta contestava gli assunti di parte avversa evidenziando, in particolare, che la prescrizione si consuma in dieci anni, rientrando l’attività di amministrazione nell’ambito del mandato.
Il Tribunale ha ritenuto Infondata la contestazione riguardante l’asserita carenza di legittimazione passiva sollevata dal condominio dal momento che “l’amministratore cessato dall’incarico può chiedere il rimborso delle somme da lui anticipate per la gestione condominiale ed il suo compenso sia nei confronti del condominio legalmente rappresentato dal nuovo amministratore sia nei confronti di ogni singolo condomino, la cui obbligazione di rimborsare all’amministratore, mandatario, le anticipazioni in oggetto deve considerarsi sorta nel momento in cui avviene l’anticipo e lo svolgimento delle funzioni e per effetto di esse e non può considerarsi estinta dalla nomina del nuovo amministratore, che amplia la legittimazione processuale passiva senza eliminare quelle originali, sostanziali e processuali”.
Altrettanto priva di fondamento la seconda confutazione avente ad oggetto il termine di prescrizione, indicato dal condominio in cinque anni piuttosto che in dieci. Sul punto il giudice monocratico ha correttamente osservato come il fondamento della richiesta avanzata dall’ex amministratrice fosse fondata sul rapporto di mandato che lega il condominio al proprio rappresentante ed al quale non può essere applicato il termine della prescrizione ordinaria di cui all’art. 2948, n. 4, c.c. Nella specie, infatti, l’importo dovuto all’amministratore non è qualificabile come prestazione periodica.
Considerazioni conclusive
Con l’entrata in vigore della legge n. 220/2012 l’amministratore è riconosciuto, a tutti gli effetti, un mandatario, che agisce a nome e per conto del condominio. Questo è quanto specificamente stabilito dall’art. 1129, co. 15, c.c. in conseguenza del quale le disposizioni di cui agli artt. 1703 e ss. si applicano a tutte le situazioni che non siano espressamente disciplinate dalla normativa in materia di condominio.
In questo ambito occorre chiarire che l’attività dell’amministratore deve essere contenuta nell’ambito dei beni comuni, talché ove si renda necessario affrontare una spesa che esuli da tale limite l’eventuale contratto stipulato dall’amministratore assume efficacia vincolante nei confronti dei condomini solo in virtù di uno speciale mandato rilasciato da ciascuno di essi, ovvero dalla ratifica successiva proveniente dagli stessi soggetti (Cass. sez. VI-2, 8 marzo 2017, n. 5833).
Il principio pronunciato dalla Corte Suprema rispecchia, pertanto, il contenuto degli artt. 1130 e 1131 c.c. i quali definiscono il quadro nel quale l’amministratore è chiamato ad operare, con la conseguenza che questi può anche assumere obbligazioni per conto solo di alcuni condomini divenendo, tuttavia in questo caso, mandatario di una parte della compagine condominiale.
Nella fattispecie concreta l’ex amministratrice aveva chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di compensi non saldati (e non di anticipazioni).
Ora va detto che l’art. 1709 c.c. presume l’onerosità del mandato, stabilendo che la misura del compenso viene concordata tra le parti ed in caso contrario viene determinata in base alle tariffe professionali o agli usi, ovvero dal giudice.
Tale norma, di rango generale, si integra con il disposto dell’art. 1129, co. 14, c.c. il quale pone come regola specifica la sussistenza del compenso per l’attività svolta dall’amministratore, che deve essere specificato analiticamente all’atto di accettazione e rinnovo della nomina, con la sanzione della nullità del conferimento dell’incarico nel caso in cui tale passaggio non sia stato rispettato.
A questo punto si pone la questione se l’amministratore possa svolgere il proprio incarico a titolo gratuito. Se andiamo a confrontare le norme sul mandato e quelle sul condominio sembrerebbe emergere un contrasto. Infatti, la presunzione posta dall’art. 1709 c.c. non esclude la gratuità del mandato, mentre l’art. 1129 c.c., che collega la validità della nomina all’indicazione del compenso dovrebbe eliminare tale possibilità.
Sul punto, tuttavia, non si può essere rigidi perché il pianeta condominiale rappresenta rappresentato situazioni del tutto diverse tra loro, come ad esempio: il numero dei condomini, che impone la nomina dell’amministratore quando questi siano maggiori di otto; l’esistenza di condomìni piccoli o minimi, per i quali la presenza dell’amministratore non è imperativa; il fatto che l’incarico di amministratore può essere affidato anche ad un condomino, il quale non necessariamente deve avere conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado, oppure deve avere frequentato un corso di formazione iniziale o periodica di aggiornamento.
Tutto ciò, quindi, ci porta a ritenere che la questione vada risolta con riferimento al caso concreto senza assumere una posizione pregiudiziale in senso negativo.
Quanto, infine, alla questione concernente l’individuazione del termine per la maturazione della prescrizione, il Tribunale ha preso una decisione corretta, considerando che il pagamento del compenso all’amministratore del condominio, assimilato al corrispettivo spettante al mandatario (art. 1720 c.c.), non si configura come obbligazione periodica a differenza di quanto ritenuto per gli oneri condominiali.
In questo caso, infatti, con particolare riferimento agli oneri ordinari, la periodicità dei versamenti è collegata alla necessità di cadenzare gli stessi in vista della regolare gestione della cosa comune onde garantire una continuità nell’amministrazione del bene comune. Ragione per cui la prescrizione, nella fattispecie, è stata dichiarata nel termine ordinario di dieci anni.