Disciplina
L’art. 1129, comma 10 c.c., stabilisce che “L’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L’assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore”; l’art. 1129, comma 11, c.c. aggiunge che “La revoca dell’amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio”.
Interpretazione
Secondo una interpretazione, il tacito rinnovo dell’incarico si verifica dopo ogni scadenza annuale. Ad impedire la continua rinnovazione di anno in anno sarebbe perciò necessaria la convocazione di un’assemblea in prossimità della scadenza, e la conseguente adozione di una deliberazione che deneghi la prosecuzione del rapporto alle medesime condizioni. Questa lettura non trova però collocazione per la vicenda della “cessazione dell’incarico”, che il comma 8 dell’art. 1129 c.c. analiticamente disciplina, e è incompatibile con gli obblighi posti dall’art. 1129, comma 14 c.c. e dall’art. 1129, comma 2, c.c.
È piuttosto da ritenere che, nel disegno dell’art. 1129, comma 10 c.c., ad ogni incarico annuale formalmente deliberato dall’assemblea consegue ex lege, in assenza di revoca o di dimissioni dell’amministratore, un rinnovo tacito per uguale durata. Il rinnovo, quindi consegue soltanto al precedente incarico, e non anche ad un precedente rinnovo. Alla scadenza della proroga annuale, l’assemblea deve, allora, attivarsi per deliberare un nuovo incarico esplicito all’amministratore, il quale, nell’attesa, può esercitare soltanto i limitati diritti e poteri (nonché doveri) di cui al comma 8 dell’art. 1129 c.c.
Rinnovo
Come in ogni contratto di durata, avendo la legge stabilito che, in mancanza di diversa intenzione contraria dell’assemblea o dell’amministratore, il rapporto si protrae nel tempo per il medesimo periodo predeterminato, il mandato prosegue alle condizioni inizialmente stabilite nell’originaria convenzione di nomina, salvo quelle escluse espressamente dalle parti o dalla legge, o per incompatibilità o per esaurimento della loro funzione. L’art. 1129, comma 14 c.c., tuttavia, stabilisce che l’amministratore, all’atto del rinnovo, deve comunque specificare nuovamente, a pena di nullità, l’importo dovuto a titolo di compenso, non potendosi, quindi, intendere tacitamente confermata per la seconda annualità la misura della retribuzione pattuita all’atto dell’accettazione iniziale. Del pari, ai sensi dell’art. 1129, comma 2 c.c., contestualmente ad ogni rinnovo dell’incarico, l’amministratore deve comunicare i propri dati anagrafici e professionali.
Prorogatio dell’amministratore cessato
Il comma 8 dell’art. 1129 c.c. obbliga l’amministratore uscente, alla cessazione dell’incarico, a “consegnare tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini”, e “ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”. L’obbligo di riconsegna della documentazione alla scadenza dell’incarico complica all’amministratore la possibilità pratica di effettuare il rendiconto, di ripartire le spese ed incassare i contributi, come di convocare l’assemblea per farla deliberare conseguentemente su beni e servizi comuni. Prima della Riforma del 2012, si sosteneva che, in virtù dell’istituto della c.d. prorogatio, l’amministratore cessato dalla carica per scadenza del termine annuale di incarico o per dimissioni potesse continuare ad esercitare tutti i poteri previsti dall’art. 1130 c.c. In sostanza, l’amministratore, durante tale periodo di gestione interinale, continuava a provvedere all’integrale adempimento delle incombenze e delle attribuzioni previste per legge, e, quindi, anche a riscuotere i contributi condominiali e ad erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni. Tale ultrattività delle attribuzioni dell’amministratore uscente trovava fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell’interesse del condominio alla continuità della gestione, e si riteneva operante in ogni caso in cui il condominio rimanesse privato dell’opera dell’amministratore, e, dunque, altresì nei casi di revoca o di annullamento per illegittimità della relativa deliberazione di nomina. La Riforma del 2012, al contrario, ha provveduto a delimitare e contenere gli obblighi cui deve ritenersi tenuto l’amministratore uscente nei confronti del condominio, in attesa che sia nominato un sostituto pronto ad assumere la pienezza dei poteri di cui all’art. 1130 c.c. Il comma 8 dell’art. 1129 c.c. fa così riferimento a quelle sole attività che, valutate secondo il criterio del bonus pater familias, rivelino il carattere dell’urgenza ai fini della conservazione delle cose comuni, ovvero la necessità di essere eseguite senza ritardo e senza poter attendere la nomina, da parte dell’assemblea o dell’autorità giudiziaria, del nuovo amministratore, allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento dei beni condominiali. Deve tuttavia ritenersi consentita all’assemblea la ratifica delle attività non urgenti e non indifferibili compiute dall’amministratore uscente nell’interesse comune, sebbene sprovviste di preventiva autorizzazione, purché non si rivelino voluttuarie o gravose. E’ da supporre, pur non essendo ciò espressamente indicato dalla norma, che l’amministratore cessato dall’incarico, il quale abbia espletato attività che rivestano carattere di urgenza, debba poi quanto prima riferirne all’assemblea, alla stregua del dovere generale che incombe all’amministratore di rendere conto della sua gestione ai condomini.
La disposizione di nuova formulazione chiarisce altresì che l’amministratore cessato non ha “diritto ad ulteriori compensi” per le “attività urgenti “eseguite: d’altro canto, imponendo il medesimo art. 1129, comma 14, c.c. che “l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta”, non può che conseguirne che, a meno, semmai, di una specifica deliberazione dell’assemblea a ciò finalizzata, l’amministratore non può esigere il corrispettivo delle mansioni adempiute in regime di prorogatio.