SOMMARIO: a) Ambito di operatività; b) Cadenza dell’aggiornamento; c) Calcolo; d) Clausola di aggiornamento; e) Forma della clausola; f) Onere probatorio; g) Presupposti; h) Rinnovazione tacita; i) Separazione dei coniugi; l) Tentativo di conciliazione.
a) Ambito di operatività
L’obbligazione di corrispondere gli aggiornamenti Istat dei canoni di locazione alle scadenze annuali ha natura di debito pecuniario in quanto il relativo importo è determinato preventivamente in base a parametri calcolabili in misura esatta e, pertanto, essendo soggetta al principio nominalistico, non è sensibile alla svalutazione monetaria verificatasi medio tempore.
* Cass. civ., sez. III, 30 marzo 1988, n. 2683, Spa Uni c. Storace.
La L. 27 luglio 1978, n. 392 ha chiaramente affidato all’Istat la scelta e la valutazione dell’indice da adottare, tra tutti quelli che la tecnica e la scienza statistica consentono di ottenere. Involgendo dunque soltanto attività di ordine tecnico, l’accertamento compiuto dall’Istat è sindacabile sotto il profilo dell’eccesso di potere.
* Cons. Stato, sez. VI, 10 novembre 1981, n. 657, Istat e Pres. Cons. Ministri c. Appino.
L’art. 19 sexies della L. 5 aprile 1985 n. 118 che, modificando l’art. 32 della L. 27 luglio 1978 n. 392, consente (entro i limiti previsti dalla norma medesima) i patti di aggiornamento del canone locativo in relazione alle eventuali variazioni del potere di acquisto della lira, incide sul regime ordinario dei contratti di locazione ed è, pertanto, applicabile anche a quelli in corso alla data di entrata in vigore della norma.
* Cass. civ., sez. III, 12 marzo 1993, n. 2975, Inps c. Srl Edilizia Peschiera.
Ove le parti abbiano convenuto di aggiornare il canone conformemente al disposto di cui all’art. 32 della L. n. 392/1978, si deve ritenere che esse abbiano inteso riferirsi al testo di legge così come novellato – dall’art. 1, nono comma sexies della L. n. 118/1985 – al momento della stipulazione della suddetta clausola.
* Pret. civ. Molfetta, 13 febbraio 1987, n. 7, Petruzzella c. Ministero dell’Interno.
Con riferimento all’aggiornamento del canone di locazione di immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo, in presenza di clausola contrattuale che regoli gli aumenti del canone subordinandoli ad apposita richiesta del locatore (in ossequio al disposto dell’art. 32 L. n. 392/1978, nel nuovo testo di cui all’art. 1, comma 9 sexies, D.L. n. 12/1985), proprio perché l’aggiornamento non è automatico e l’obbligo relativo nasce solo in dipendenza della richiesta del locatore, il ritardo nella formulazione della richiesta comporta una riduzione del quantum dell’aggiornamento, nel solo senso che la base dell’adeguamento deve essere costituita dal canone nella misura originaria, e non in quella che il locatore avrebbe potuto teoricamente pretendere attraverso una tempestiva richiesta delle varie annualità di aggiornamento. Pertanto, il calcolo per l’aumento del canone suddetto deve essere operato sommando le variazioni Istat intervenute per tutto il periodo, a partire dalla data base, e sia pure avendo riguardo al canone originario (c.d. criterio della variazione assoluta).
* Trib. civ. Reggio Calabria, sez. I, 17 febbraio 1999, n. 44, Rullo A. ed altro c. Regione Calabria, in Arch. loc. e cond. 1999, 840.
Non integra gli estremi della clausola di cui al citato art. 32 L. n. 392/1978 la pattuizione delle parti che prevede solo una «riserva di aumento nei limiti eventualmente consentiti dalla legge, anche in corso di contratto».
* Pret. civ. Taranto, 19 giugno 1987, n. 340, Barbaro c. Banca Popolare di Taranto.
b) Cadenza dell’aggiornamento
Le parti del contratto di locazione per uso abitativo assoggettato alle norme della legge sull’equo canone possono prevedere l’aggiornamento del canone con una cadenza maggiore o secondo percentuali minori di quelle previste dall’art. 32 della legge sull’equo canone perché un siffatto accordo è più favorevole per il conduttore e non rientra, quindi, tra quelli vietati dall’art. 79 della citata legge, che sancisce solo la nullità dei patti in deroga vantaggiosi per il locatore. Peraltro, nel caso in cui le parti abbiano convenuto che il canone venga aggiornato a periodi superiori a quelli legali, non è ammesso procedere all’aggiornamento applicando gli indici propri del minor periodo legale, anziché quelli del periodo corrispondente alle cadenze convenute, salvo, che non risulti che le parti stesse abbiano inteso che gli indici da applicare siano fissati con riferimento ad un periodo diverso ed inferiore.
* Cass. civ., sez. III, 13 luglio 1992, n. 8499, Ministero delle Poste e Telecomunicazioni c. Spa Veronese 84.
c) Calcolo
In tema di locazioni di immobili destinati ad uso non abitativo, per l’aggiornamento del canone di locazione, dovuto solo se pattuito e dal mese successivo alla richiesta (non necessariamente avanzata in forma scritta), l’art. 32 della legge 392 del 1978, come modificato dall’art. 1 della legge n.1 18 del 1985, ha riferimento, come dato sul quale operare annualmente l’aggiornamento, al canone iniziale, con la conseguenza che tale canone di partenza occorre considerare in occasione degli aggiornamenti predetti, valutando unitariamente la variazione verificatasi per tutto il periodo considerato. Ai soli fini di questo calcolo, deve ritenersi pertanto ininfluente la circostanza che, per qualche annualità intermedia, non sia stato richiesto in precedenza l’aggiornamento, in quanto la mancanza di tale richiesta impedisce soltanto l’accoglimento della domanda degli aggiornamenti pregressi (cd. «arretrati»).
* Cass. civ., sez. III, 5 agosto 2004, n. 15034, Impr. Negro F.lli Costr. Gen. Spa c. Arnaldi.
In tema di contratto di locazione di immobile urbano adibito ad uso diverso da quello abitativo, in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 392 del 1978 e per il quale si applichi l’art. 32 della legge citata nel suo testo originario, non modificato dalla legge n. 118 del 1985, il calcolo per gli aumenti del canone successivi al primo deve essere operato non con riferimento al canone base, bensì a quello dovuto al momento del computo, e cioè al canone corrisposto, che è quello risultante dal canone base più l’aumento già praticato.
* Cass. civ., sez. III, 20 ottobre 1994, n. 8588, Canepa ed altri c. Ditta Distributrice Idraulici.
Il canone dovuto dal conduttore inadempiente per il periodo di ritardata restituzione dell’immobile locato, ai sensi dell’art. 1591 c.c., deve essere rapportato,in regime di equo canone, a quello fissato in modo cogente dalla legge e quindi tenendo conto degli adeguamenti annuali Istat, nella misura stabilita dalla L. n. 392/78, mentre per le locazioni non abitative in regime ordinario le variazioni in aumento presuppongono la convenzione e la specifica richiesta dell’interessato.
* Cass. civ., sez. III, 1 dicembre 1994, n. 10270, Strippoli c. Iacobellis.
Per le locazioni ad uso non abitativo l’aggiornamento Istat non svolge la funzione di complemento di un meccanismo di determinazione legale del corrispettivo ed ha quindi natura contrattuale e non oggettiva. Pertanto esso deve calcolarsi con riferimento alla data di stipulazione del contratto e, per gli aggiornamenti successivi, deve farsi ricorso non già al metodo assoluto, bensì a quello moltiplicativo, implicante l’applicazione della variazione maturata sul canone comprensivo dei precedenti aggiornamenti.
* Pret. civ. Bari, 11 novembre 1992, n. 1547, Saracino c. Società Stanhome, in Arch. loc. e cond. 1993, 348.
L’aggiornamento ex art. 32 va ancorato all’ultimo canone e non a quello iniziale, in aderenza al principio generale, che permea la legge c.d. dell’equo canone, per cui il canone da aggiornare è sempre quello del momento in cui sorge il diritto all’aggiornamento medesimo.
* Trib. civ. Foggia, sez. I, 12 dicembre 1983, n. 1002, Franzi c. Pedone.
d) Clausola di aggiornamento
In tema di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, ogni pattuizione avente ad oggetto non già l’aggiornamento del corrispettivo ai sensi dell’art. 32 della legge 27 luglio 1978, n. 392, ma veri e propri aumenti del canone, deve ritenersi nulla ex art. 79, primo comma, della stessa legge, in quanto diretta ad attribuire al locatore un canone più elevato rispetto a quello legislativamente previsto, senza che il conduttore possa, neanche nel corso del rapporto, e non soltanto in sede di conclusione del contratto, rinunciare al proprio diritto di non corrispondere aumenti non dovuti.
* Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2001, n. 10286, Pantalone c. Valente, in Arch. loc. e cond. 2002, n. 5.
Il principio operante per le locazioni di immobili ad uso non abitativo della libera determinazione convenzionale del canone, trova deroga nell’art. 32 della legge 27 luglio 1978, n. 392 per le clausole di aggiornamento del potere di acquisto della moneta (cosiddette clausole Istat) con disposizione insuscettibile di applicazione analogica alle altre clausole contrattuali o ad incrementare il valore reale del canone per diverse e successive frazioni del medesimo rapporto, da ritenere valide salvo che non rappresentino un concreto mezzo per eludere il limite posto dalla norma sopra indicata. È legittima, pertanto, quale espressione di autonomia contrattuale la clausola con la quale venga pattuito un canone locativo costituito per una parte da una somma di danaro e per l’altra dall’esborso di somme determinate per ristrutturazione e restauro dell’immobile locato, salvo a stabilire se, per volontà delle parti, l’esborso costituisca parte del canone fino alla prima scadenza contrattuale ovvero per tutta la durata della locazione, qualunque essa sia, anche nel caso di successiva rinnovazione.
* Cass. civ., sez. III, 26 febbraio 1999, n. 1683, Di Lernia c. Amadeus Srl.
Per le locazioni di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione e soggette al regime ordinario, l’art. 32 della L. 27 luglio 1978 n. 392, nel testo modificato dall’art. 1, comma nono sexies, della L. 5 aprile 1985 n. 118, consente alle parti di provvedere periodici aggiornamenti del canone secondo concordate modalità di attuazione per cui la decorrenza degli aumenti ed il collegamento di questa con la richiesta del locatore deve essere volta per volta accertata dal giudice in base al contenuto concreto della clausola che li prevede.
* Cass. civ., sez. III, 1 ottobre 1994, n. 7982, Ministero Poste e Telecomunicazioni c. Parrocchia Collegiata S. Anna.
In relazione al principio della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, la clausola convenzionale che prevede la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto, per essere secondum legem (artt. 32 e 79 della legge sull’equo canone) deve chiaramente riferirsi ad elementi predeterminati desumibili dal contratto, ed idonei ad influire sull’equilibrio economico del rapporto, in modo autonomo dalle variazioni annue del potere di acquisto della lira; mentre è contra legem, e come tale, radicalmente nulla per violazione di norma imperativa se costituisce un espediente diretto a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria, con conseguente squilibrio del rapporto sinallagmatico e violazione dei limiti quantitativi previsti dal sistema normativo. L’interpretazione di tale clausola deve dunque tener conto dell’intero contesto delle clausole contrattuali ed anche del comportamento contrattuale ed extracontrattuale delle parti contraenti.
* Cass. civ., sez. III, 1 febbraio 2000, n. 1070, Soc. Autoelite c. Carbone.
Nel caso di clausola convenzionale di aumento del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, con la specificazione di elementi predeterminati ed evidenziati nel contratto, l’onere di provare la sua conformità al sistema normativo incombe a chi se ne giova, e cioè al locatore.
* Cass. civ., sez. III, 1 febbraio 2000, n. 1070, Soc. Autoelite c. Carbone.
Con riguardo al contratto di locazione di immobili urbani non abitativi, la nullità di clausole che stabiliscano nel corso del rapporto aumenti in misura diversa da quella legale – nullità disposta dall’art. 79, della L. n. 392 del 1978 e derivante dal contrasto di tali clausole con l’art. 32 della stessa legge – non determina la nullità del contratto, operando al riguardo l’art. 1339 c.c., con la conseguenza che diviene operante il congegno di aggiornamento strutturato dall’art. 32 della stessa legge sull’equo canone.
* Cass. civ., sez. III, 25 maggio 1992, n. 6246, Meloni c. Balletto.
La clausola di un contratto di locazione con la quale le parti convengano l’aggiornamento automatico del canone su base annuale (a seguito della modifica dell’art. 32 legge 392 del 1978 operata dall’art. 1 comma nono sexies della legge 118 del 1985) senza necessità di richiesta espressa del locatore è affetta da nullità in base al combinato disposto degli artt. 32 e 79 della legge sull’equo canone, perché il citato art. 32 (non prevedendo più, come nella sua originaria formulazione, la possibilità di aggiornamento soltanto biennale, svincolato da ogni riferimento alla richiesta del locatore), introduce, all’esito della modifica, la possibilità di aggiornamenti annuali presupponendo che gli aumenti possano avvenire soltanto su specifica richiesta del locatore, da operarsi successivamente all’avvenuta variazione degli indici di riferimento (e non anche, genericamente, al momento stesso della stipula del contratto), la certezza dell’entità dell’obbligazione del conduttore risultando tutelata soltanto dalla previsione di tale, specifica (e necessaria) richiesta, puntualmente riferita all’avvenuta variazione degli indici Istat.
* Cass. civ., sez. III, 6 febbraio 1998, n. 1290, Peruzzi c. Biondi.
In tema di locazione di immobili per uso non abitativo, la clausola contrattuale, che prevede una preordinata maggiorazione del canone in una misura fissa che, prescindendo da ogni riferimento agli indici dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai, risulti più vantaggiosa per il locatore, o canoni annuali differenziati che ne realizzano un aumento maggiore di quello previsto dall’art. 32 della legge sull’equo canone, deve considerarsi nulla, ai sensi dell’art. 79 della medesima legge, perché tendente ad eludere, a vantaggio del locatore, i limiti stabiliti dalla predetta disposizione dell’art. 32, a meno che le maggiorazioni non siano collegate sinallagmaticamente all’ampliamento della controprestazione.
* Cass. civ., sez. III, 9 luglio 1992, n. 8377, Muci c. Maiorano.
In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, la clausola contrattuale avente per oggetto la preordinata maggiorazione annua del canone – in misura fissa o percentuale – a partire dal primo anno dopo la stipulazione di un contratto di durata legale deve considerarsi illegittima per violazione dell’art. 32 della L. n. 392/1978, (nella sua formulazione originaria) se risulti che le parti abbiano in realtà perseguito surretiziamente lo scopo di neutralizzare soltanto gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo i limiti posti da tale norma e incorrendo così nella sanzione di nullità prevista dal successivo art. 79, primo comma, della stessa legge.
* Cass., sez. III, 22 gennaio 1990, n. 326, Soc. Sitos c. Ragusa.
E’ legittima, in quanto non contrasta con l’art. 32, della L. n. 392 del 1978, nella formulazione originaria ed in quella novellata dal D.L. 7 febbraio 1985, n. 12, convertito in L. 5 aprile 1985, n. 118, la clausola dei contratti di locazione d’immobili non abitativi che fissi il canone in misura diversa e crescente nel tempo commisurandolo ai vantaggi che il godimento dell’immobile presumibilmente assicurerà al conduttore in considerazione dell’evoluzione favorevole di fattori ambientali ritenuti tali da incidere sullo sviluppo commerciale della zona.
* Cass. civ., sez. III, 25 maggio 1992, n. 6246, Meloni c. Balletto.
In base al principio della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso diverso dall’abitazione, deve ritenersi legittima la clausola con cui venga pattuita la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per successive frazioni di tempo nell’arco del rapporto, ancorandolo ad elementi predeterminati ed idonei ad influire sull’equilibrio economico del sinallagma contrattuale del tutto indipendenti dalle variazioni annue del potere d’acquisto della lira ovvero con giustificata riduzione del canone per un limitato periodo iniziale, salvo che le parti abbiano surrettiziamente perseguito lo scopo di neutralizzare soltanto gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo i limiti imposti dall’art. 32 legge 27 luglio 1978, n. 392.
* Cass. civ., sez. III, 25 agosto 1997, n. 7973, Plastical Srl c. Alberti Pezzoli.
Con riguardo alla locazione di immobile urbano, l’art. 2 ter della L. 12 agosto 1974, n. 351 (applicabile in quanto disposizione non vincolistica in senso stretto anche alle locazioni non soggette alla proroga legale) il quale commina la nullità delle clausole contrattuali di corresponsione anticipata del canone per periodi superiori a tre mesi, detta una norma pienamente compatibile, oltreché con la disciplina della L. 27 luglio 1978, n. 392, in tema di locazione di immobili ad uso abitativo, con le disposizioni della stessa legge in materia di locazioni ad uso diverso dall’abitazione, considerato che per queste ultime, mentre non può avere rilievo in senso contrario alla suddetta compatibilità la libera determinabilità del canone (che non implica logicamente la totale libertà delle parti di definirne le modalità di pagamento), la clausola che preveda la corresponsione anticipata del canone, oltre una determinata misura, può avere l’effetto di neutralizzare per il locatore l’incidenza della eventuale diminuzione del potere di acquisto della moneta al di là di quanto consentitogli dall’art. 32 della sopraindicata L. n. 392, ed incorre quindi nella sanzione di nullità che colpisce ogni pattuizione attributiva per il locatore di vantaggi superiori a quelli previsti dalla legge stessa, alla quale si sottraggono, secondo la valutazione preventiva ed insindacabile espressa dal legislatore nel menzionato art. 2 ter della L. n. 351, solo le clausole di pagamento anticipato del canone in misura non eccedente le tre mensilità.
* Cass. civ., sez. III, 10 luglio 1996, n. 6274, Di Franco c. Barcia, in Arch. loc. e cond. 1996, 901.
Per il disposto dell’art. 79 L. 27 luglio 1978 n. 392 non è sufficiente per la nullità di una clausola del contratto di locazione, che essa attribuisca un qualche vantaggio al locatore, ma è necessario che gli attribuisca un vantaggio in contrasto con le disposizioni della legge medesima. Tale contrasto non è rilevabile in una clausola che preveda la modifica di patti in senso più favorevole al locatore, qualora ciò sia possibile in base ad una successiva modifica della legge, perché da un lato essa non comporta un vantaggio attuale che si ponga in contrasto con le norme di legge e, dall’altro, condiziona l’eventuale futuro vantaggio all’emanazione di una disposizione di legge che lo consenta (nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva ritenuto legittima la pretesa del locatore, il quale avvalendosi della clausola surriportata, aveva chiesto che l’aggiornamento del canone di locazione di un immobile adibito ad uso non abitativo, avvenisse annualmente ai sensi dell’art. 32 della legge sull’equo canone come modificato dall’art. 1, 9 sexies L. 5 aprile 1985 n. 118, anziché con la periodicità prevista dal testo originario dell’art. 32 cit., in vigore alla data della stipulazione del contratto).
* Cass. civ., sez. III, 5 luglio 1993, n. 7317, Savoia Assicurazioni c. Imm. Cattaneo.
Alla stregua del principio generale della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, deve ritenersi legittima la clausola in cui venga pattuita una riduzione iniziale del canone annuo pattuito in corrispettivo dell’adempimento, da parte del conduttore, di una serie di impegni e/o per agevolare quest’ultimo nel primo periodo della sua attività economica, perché tale clausola non ha lo scopo di eludere surrettiziamente i limiti stabiliti dall’art. 32 della legge sull’equo canone (nella formulazione originaria ed in quella novellata dall’art. 1 comma nono sexies della L. 5 aprile 1985, n. 118) ma quello di stabilire una regolamentazione del rapporto più aderente alla disponibilità delle parti ed alla realtà del mercato.
* Cass. civ., sez. III, 13 febbraio 1992, n. 1738, Spa Ticino c. Spa Veronese.
Anche nell’ipotesi in cui si ritenesse applicabile la normativa sui c.d. patti in deroga al solo uso abitativo, non sarebbe comunque affetta da nullità la clausola contrattuale di un contratto di locazione ad uso diverso dall’abitazione che prevede un adeguamento crescente e predeterminato del canone.
* Trib. civ. Perugia, 23 luglio 2001, n. 1053, Soc. Chindà c. Zuccacci L. ed altro, in Arch. loc. e cond. 2002, 59.
e) Forma della clausola
La clausola di aggiornamento annuale della misura del canone, su richiesta del locatore, per le eventuali variazioni del potere di acquisto della lira in ragione non superiore al 75 per cento dell’indice Istat (così come consentito dall’art. 32 della legge 392/78 nel testo modificato dall’art. 1 comma nono sexies della legge 118/85) non deve necessariamente assumere forma coeva alla stipulazione dell’originario contratto di locazione, ma può anche essere contenuta in un patto posteriore alla formazione del contratto medesimo.
* Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 2000, n. 15948, Amministrazione Provinciale di Napoli c. Immobiliare Santa Elvira di Tortoriello Maria Sas, in Arch. loc. e cond. 2001, 547.
f) Onere probatorio
In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, l’aggiornamento del canone, ai sensi dell’art. 32, della L. 27 luglio 1978, n. 392, può essere preteso dal locatore solo se espressamente convenuto con il conduttore, con la conseguenza che il locatore per vedere riconosciuto il suo diritto in giudizio ha l’onere di allegare e provare con ogni mezzo l’esistenza del patto che lo prevede, che può essere verbale o scritto, contestuale o posteriore alla formazione del contratto.
* Cass. civ., sez. III, 13 novembre 1989, n. 4800, Antonelli c. Bellelli.
I documenti provenienti da terzi estranei alla lite sono dotati di valenza probatoria, in quanto possono offrire elementi indiziari. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione del tribunale che, in riforma di una sentenza pretorile, in tema di locazione di immobile ad uso commerciale, aveva escluso la nullità della clausola relativa alla corresponsione di un canone crescente, escludendone lo scopo di eludere surrettiziamente i limiti stabiliti dall’art. 32 della legge n. 392 del 1978, sulla base delle risultanze probatorie costituite da tre contratti di locazione, stipulati da terzi, ma relativi ad immobili finitimi, dai quali risultava il presumibile canone di mercato relativo all’immobile in questione, in linea con quello contestato).
* Cass. civ., sez. III, 10 aprile 2000, n. 4503, Parati New di Di Meo e C. sas. c. Laureti f.lli snc, in Arch. loc. e cond 2000, n. 3.
g) Presupposti
Il testo originario dell’art. 32 della legge n. 392/78 prevedeva, per gli immobili non abitativi, la facoltà delle parti di concordare all’inizio del quarto anno dalla stipulazione del contratto, l’aggiornamento del canone locativo per adeguarlo alle variazioni Istat del potere d’acquisto della lira, fatta salva, peraltro, la facoltà di convenire quanto alla decorrenza del primo aggiornamento e all’entità della variazione istat, modalità di aggiornamento meno onerose per il conduttore di quelle fissate dalla norma.
* Cass. civ., sez. III, 11 aprile 2001, n. 5402, Immobiliare Cogim c. Soc. RAI Radiotelevisione Italiana, in Arch. loc. e cond. 2001, 661.
Qualora le parti, nel concludere un contratto di locazione, abbiano fatto riferimento al contenuto di una norma di legge (nella fattispecie, all’art. 32, L. n. 392/78) essa viene recepita nella dichiarazione negoziale, diventandone elemento integrante; ne deriva che per individuare l’estensione e i limiti del contratto deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della norma richiamata al momento della conclusione del contratto, mentre le vicende di questa norma sopravvenute dopo la conclusione del contratto possono spiegare influenza sul rapporto solo se e quanto le parti abbiano manifestato, anche tacitamente, la volontà di tenerne conto, a modificazione dei pregressi patti. (In base al suddetto principio, è stata ritenuta l’inapplicabilità dell’art. 1, comma nono sexies, della L. n. 118/85 ai rapporti locativi sorti anteriormente, a nulla rilevando che, come nella specie, l’aggiornamento del canone andasse operato dopo la sua entrata in vigore).
* Pret. civ. Brescia, 16 maggio 1986, n. 218, Giovanardi c. Immobiliare G.B.S. Srl.
L’art. 1, nono comma sexies della L. 5 aprile 1985, n. 118, che ha sostituito l’art. 32 L. n. 392/1978, prevede la possibilità, per le parti, di convenire un aggiornamento annuale del canone di locazione fin dall’origine del contratto stesso a condizione che sussista un accordo esplicitato con chiarezza, poiché si tratta di un patto più sfavorevole per il conduttore; di conseguenza, in assenza di un accordo convenzionale specifico circa la determinazione di nuove clausole di aggiornamento annuale, deve ritenersi applicabile il criterio di adeguamento pattuito tra le parti con il contratto originario e cioè quello della variazione biennale, fatti salvi i primi tre anni della stipulazione.
* Pret. civ. Pordenone, 12 ottobre 1988, n. 261, Simeoni Snc c. Simeoni.
Ricorre un affitto di azienda commerciale, come tale non assoggettato alla disciplina di cui all’art. 32 L. n. 392/ 1978 sul divieto degli adeguamenti Istat, e non una locazione di immobile ad uso diverso da quello abitativo, ogniqualvolta nell’accordo intervenuto tra le parti l’immobile costituisce un elemento di un complesso unitario di beni mobili ed immobili, materiali ed immateriali, concessi in godimento in quanto organizzati unitariamente per la realizzazione della finalità economica a cui il complesso è destinato (nella fattispecie ristorante-bar), a nulla rilevando la circostanza che nel contratto sia previsto il permanere in capo al concedente della titolarità della prescritta licenza di commercio.
* Trib. civ. Piacenza, 26 novembre 1998, n. 322, Orsi c. Inzani, in Arch. loc. e cond. 1999, 104.
Il sistema di aggiornamento della variazione assoluta non può trovare applicazione nelle ipotesi ex art. 32, L. n. 392/1978, in cui, attesa la libertà iniziale dei contraenti, e la facoltatività dell’applicazione dell’aggiornamento, quest’ultimo può assumere soltanto una funzione limitatamente correttiva, non necessariamente collegata all’esigenza di mantenere il canone (libero) al riparo della svalutazione.
* Trib. civ. Bergamo, sez. III, 25 febbraio 1989, n. 323.
h) Rinnovazione tacita
Se all’atto della stipulazione della locazione a tempo determinato è stata pattuita la rinnovazione tacita del rapporto in mancanza di disdetta anteriore alla scadenza e tale disdetta è mancata, il rapporto deve considerarsi disciplinato dalle clausole del contratto originario con la conseguenza che se questo prevedeva la possibilità di aggiornamento automatico del canone con cadenza biennale, secondo la disciplina dell’art. 32 della L. 27 luglio 1978, n. 392, nel testo anteriore alla modifica introdotta dall’art. 1, comma nono, sexies del D.L. 7 febbraio 1985 n. 12 convertito in L. 5 aprile 1985 n. 118, il rapporto rimane regolato da tale clausola, anche dopo l’entrata in vigore del citato D.L. n. 12 del 1985 e della relativa legge di conversione, che, con la disposizione di modifica dell’art. 32 della legge sull’equo canone, prevedendo la possibilità per il locatore di chiedere l’aggiornamento annuale (invece che biennale) del canone locativo, ma al contempo subordinando tale aggiornamento alla richiesta del locatore, non ha affatto introdotto una disposizione complessivamente più favorevole per il conduttore, né può essere invocata da quest’ultimo solo per la parte a lui più favorevole.
* Cass. civ., sez. III, 9 giugno 1994, n. 5615, Ministero delle finanze c. Abbate.
i) Separazione dei coniugi
In tema di separazione personale dei coniugi, il giudice ha facoltà di determinare l’assegno periodico di mantenimento, che un coniuge è obbligato a versare in favore dell’altro, in una somma di danaro unica o in più voci di spesa, le quali, nel loro insieme e correlate tra loro, risultino idonee a soddisfare le esigenze del coniuge in cui favore l’assegno è disposto, rispettando il requisito generale di determinatezza o determinabilità dell’obbligazione (art. 1346 c.c.). Pertanto, il coniuge può essere obbligato a corrispondere, oltre ad un assegno determinato in somma di danaro, anche altre spese, quali quelle relative al canone di locazione per la casa coniugale ed i relativi oneri condominiali, purché queste spese abbiano costituito oggetto di specifico accertamento nel loro ammontare e vengano attribuite nel rispetto dei criteri sanciti dai commi primo e secondo dell’art. 156 c.c.
* Cass. civ., sez. I, 30 luglio 1997, n. 7127, Jaci c. Carlone.
l) Tentativo di conciliazione
L’improponibilità della domanda giudiziale per omesso espletamento del preventivo tentativo di conciliazione stabilita dall’art. 43 della legge 392 del 1978 trova applicazione soltanto se la controversia abbia ad oggetto la determinazione, l’aggiornamento e l’adeguamento del canone dovuto ai sensi della suddetta legge. Pertanto, il mancato esperimento del tentativo non comporta la improcedibilità della domanda nella diversa ipotesi in cui questa riguardi l’aggiornamento del canone liberamente pattuito, né condiziona la proponibilità di mere eccezioni del conduttore-convenuto.
* Cass. civ., sez. III, 9 febbraio 2000, n. 1442, Cerato c. Comune Oderzo.