“Il Condominio, proprietario dei locali dove si trovava l’autoclave, non ha alcun potere di intervento sulla stessa, se affidata alla integrale gestione di un terzo, venendo meno in tal modo la responsabilità a titolo di custodia di cui all’art. 2051 del codice civile“. Questi è il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 30543 del 20 dicembre 2017 in merito ai danni derivati da autoclave condominiale.
La vicenda. La società beta aveva chiesto al giudice adito la condanna del condominio al risarcimento dei danni conseguenti ad un allagamento verificatosi nell’appartamento dalla stessa condotto in locazione a seguito di una fuoriuscita d’acqua dall’autoclave condominiale. Il condominio, costituendosi in giudizio, eccepiva che la manutenzione dell’autoclave era affidata ad una società esterna; pertanto, chiedeva l’autorizzazione alla chiamata in causa della stessa e, nel merito, il rigetto della domanda. In primo grado, il giudice di pace ha accolto la domande con contestuale condanna del condominio. In secondo grado, invece, il Tribunale di Torino ha accolto il gravame del condominio, sicché ha rigettato la domanda proposta dalla società beta con condanna alla restituzione della somma incassata a seguito della provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado. Avverso tale pronuncia, la società ha proposto ricorso in cassazione.
Onere della prova (art. 2697 c.c.). La norma esprime, in tema di prove civili, il fondamentale principio dispositivo in forza del quale alla base della decisione del giudice devono essere poste soltanto le prove che le parti hanno prodotto nel corso del procedimento. Le disposizioni applicabili e la conseguente decisione finale del giudice dovranno dunque essere fondate su atti o fatti mostrati da attore e convenuto, con eccezione dei tassativi casi di possibilità di acquisizione della prova d’ufficio, ex legge previsti.
Il ragionamento della Corte di Cassazione. Nella vicenda in esame, secondo i giudici di legittimità, il tribunale (in grado di appello) aveva ritenuto che la linea difensiva assunta dalla società attrice consentiva di ritenere ammesso, per non contestazione, il fatto che il Condominio avesse affidato in gestione ad una società terza la manutenzione dell’autoclave; doveva perciò considerarsi provato che il Condominio, benché proprietario dei locali dove si trovava l’autoclave, non avesse alcun potere di intervento sulla stessa, affidata alla integrale gestione di un terzo, venendo meno in tal modo la responsabilità a titolo di custodia di cui all’art. 2051 del codice civile. Neppure poteva essere accolta la domanda ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., posto che la società attrice non aveva provato che la fuoriuscita d’acqua fosse dipesa da una condotta colposa del Condominio. Premesso quanto innanzi esposto, in merito alla censura proposta dalla società ricorrente “della non contestazione ex art. 2697 c.c.”, la Suprema Corte ha evidenziato che la circostanza dell’affidamento a terzi, da parte del Condominio, della gestione dell’autoclave dalla quale derivò il danno fosse una circostanza pacifica, tanto che il convenuto chiese di poter estendere il contraddittorio nei confronti della società di gestione. Tuttavia, secondo la corte, le presenti censure esposte in sede di legittimità (circostanza dell’affidamento a terzi e il venir meno dell’obbligo li custodia in capo al Condominio) sono eccezioni inammissibili in cassazione in quanto trattano questioni attenenti il giudizio del merito.
In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, con la pronuncia in esame, la Cassazione ha rigettato il ricorso e per l’effetto ha confermato la pronuncia del Tribunale in grado di appello.